di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Le ragioni profonde della crisi in cui è sprofondato l’attuale establishment europeo, rappresentato non solo dai vertici delle istituzioni Ue, ma anche da alcuni capi di Stato e di governo di importanti Paesi membri, non sono solo di tipo economico. C’è ben altro. Se è vero, incontestabile, che il neoliberismo ha fallito dal punto di vista economico producendo povertà, precarietà e disagio sociale, quello che chiedono a gran voce i cittadini europei, che in sempre maggior numero invocano un cambiamento, è di affrontare anche l’altra grande questione irrisolta: quella concernente il tema della difesa non solo della sicurezza, ma anche dell’identità del Continente. Povertà ed insicurezza: si tratta di due facce della stessa medaglia, di due prodotti complementari del globalismo selvaggio. Per questo l’Europa si rivolge alle nuove forze definite “populiste” o “sovraniste”, perché esse propongono un’alternativa che offre una soluzione ad entrambe le questioni. L’Europa è alle prese con un’ondata migratoria, proveniente da aree culturalmente e religiosamente diversissime, con la quale la convivenza non è così facile come la vecchia classe politica voleva far credere. Non basta dire che ci occorre nuova forza lavoro, che occorre così bilanciare le nostre culle vuote e contribuire a pagare le pensioni dei nostri anziani. Questa narrazione non convince più di fronte alla prova dei fatti ed i drammatici accadimenti di ieri ne sono l’ennesima riprova. L’attentato terroristico di matrice islamica contro i mercatini di Natale, in un luogo altamente simbolico, Strasburgo, sede dell’Europarlamento, in una Francia alle prese con le rivolte dei gilet gialli. Un atto che, al di là della colpa personale del terrorista, inchioda alle proprie responsabilità un’intera classe dirigente. Una classe dirigente che ha portato avanti una politica estera sbagliata e divisiva in Nordafrica e Medio Oriente, alimentando l’instabilità e generando una conseguente massiccia ondata migratoria. Non solo. Che ha fallito anche in politica interna, non essendo stata realmente capace di gestire e di integrare neanche le seconde o terze generazioni di migranti. Paradossalmente proprio loro, i paladini dell’integrazione a parole. Il perché è presto detto: basando la propria visione politica su un pensiero debolissimo, in cui l’unico valore è il libero mercato imbellettato sotto i dogmi del politicamente corretto, e non essendo, quindi, capace di offrire alte idealità comunitarie, sociali e patriottiche, ha minato alle basi la nascita di qualsiasi sentimento di identificazione e quindi una reale integrazione dei “nuovi cittadini”. Del progressismo neo-liberista, esperimento fallimentare sotto ogni punto di vista che tanto ha danneggiato l’Europa, non sentiremo di certo la mancanza quando, a breve, cederà il posto alle nuove forze politiche emergenti.