di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Quello di ieri sera non è stato solo un cambio di passo ma una vera e propria “retromarche”. Con il discorso alla nazione del presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, l’Ue ha perso un altro campione della sua già indebolita armata. Peccato che, come al solito, non se ne sia accorta e imperterrita continui a tenere il muso duro per dimostrare una forza che se esiste su trattati, accordi, impegni sbilanciati oltre ogni ragionevole rigore, politicamente non esiste quasi più.
Lo dimostra anche l’atteggiamento sprezzante che oggi l’Ue, in particolare il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, sta dimostrando nei confronti del primo ministro inglese Theresa May nella scelta dichiarata di lasciarla da sola a difendere davanti ai brexiters, suoi colleghi di partito e non, il divorzio dall’Ue.
A fronte del presidente Jean-Claude Juncker che afferma: «Tutti devono sapere che non riapriremo l’accordo di ritiro» del Regno Unito dall’Ue, «questo non accadrà», c’è il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, ad affermare l’esigenza che l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue avvenga in maniera ordinata, nell’interesse dei tanti cittadini, tra cui molti italiani, e imprese coinvolti da questo processo.
Perché, come mai? Come diciamo in Italia, non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire e, a questo punto, anche cieco. L’Europa, anzi l’Ue, ha visto crollare un pezzo dopo l’altro la sua fortezza, fatta di assurdi calcoli e soffocanti equilibri di bilancio, senza rendersi conto, né prima né dopo, delle conseguenze e senza comprendere che i problemi da risolvere non sono soltanto economici, ma prima di tutto culturali, politici, sociali e persino religiosi. L’Inghilterra non lascia soltanto un sistema economico: se la maggior parte dei brexiters preferirebbe andare via senza un accordo, vuol dire che il dissenso è ancora più profondo di un mera questione economica, riportando così indietro le lancette del tempo ancora prima del 1951.
Nessuno sa come andrà a finire, lo sostengono anche i quotidiani inglesi: a Theresa May, dopo aver rinviato il voto sull’accordo per la Brexit per evitare una sconfitta più rovinosa del rinvio stesso, non resta alcuna cartuccia da sparare senza un aiuto da parte dell’Europa grazie al quale presentarsi in Parlamento con un divorzio diverso. Se l’Ue pensa di uscire indenne e senza macchia da un’altra, eventuale, umiliazione della premier inglese, si sbaglia davvero. Se l’Ue sottovaluta gli effetti della “retromarche” fatta ieri a reti unificate davanti al popolo francese da Emmanuel Macron, si illude ancora di più di poter contare sul suo paladino, autoproclamatosi tale non più di qualche mese fa, anche per osteggiare il nostro governo gialloblu, come d’altronde è già accaduto in passato.

Ma adesso è tutto diverso, gli argini stanno franando, all’Ue non resta che una scelta: retromarche!