Da una parte le uscite incentivate, dall’altra la riqualificazione di chi resta e deve essere impiegato in attività diverse rispetto a quelle finora praticate. Parte da questo assunto il senso del tavolo di confronto che si è tenuto a Taranto sul futuro immediato degli stabilimenti Ilva in Italia, dopo il passaggio di consegne alla nuova proprietà. Sul versante degli esodi incentivati, l’accordo del 6 settembre scorso aveva previsto un bonus via via decrescente a favore di chi, volontariamente, accettava di dimettersi. Al momento, sono più di 8oo (650 da Taranto) i dipendenti di Ilva che hanno accettato l’offerta di 100mila euro lordi, pari a circa 75mila euro netti. Conseguentemente, la cassa integrazione dovrebbe scattare per meno di 2mila lavoratori. Di questi, nello specifico, si è parlato anche nel corso dell’incontro che si è tenuto a Taranto fra i commissari straordinari e le rappresentanze territoriali di Fim, Fiom, Uilm, Ugl Metalmeccanici ed Usb. Previa formazione, i dipendenti di Ilva in cassa integrazione saranno impiegati nei lavori di messa in sicurezza permanente, di gestione dei rifiuti, di caratterizzazione e analisi del suolo e del sottosuolo e in tutte le altre attività connesse alle operazioni di bonifica del sito. Le attività formative saranno finanziate con il ricorso alle risorse dei fondi interprofessionali con un coinvolgimento costante ed attivo della Regione Puglia.