di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Non riusciamo neanche lontanamente ad ipotizzare cosa sarebbe potuto accadere se proteste come quelle che si stanno verificando in queste ore in Francia fossero avvenute, per citare un Paese a caso, in Italia. Bisogna avere il coraggio di ammettere i propri limiti: una situazione del genere rasenta l’inimmaginabile. Sappiamo che i cugini d’oltralpe hanno una lunga tradizione di manifestazioni di piazza anche molto dure e siamo certi che la gendarmeria francese abbia fatto il possibile per evitare il degenerare della situazione. Il bilancio, ad oggi, delle proteste transalpine contro il caro benzina, resta però il seguente: una persona morta, più di 400 feriti, di cui una quindicina in gravi condizioni, poco meno di trecento arresti. Con Macron, il campione della sinistra moderna, il “democratico” per eccellenza, colui che secondo alcuni dovrebbe rappresentare l’esempio da seguire, saldamente arroccato all’Eliseo senza che nessuno gridi allo scandalo. Proviamo solo a pensare, per un attimo, se qualcosa di simile fosse accaduto da noi, con Conte premier e, soprattutto, Salvini ministro dell’interno. Da noi, il Paese che ogni due per tre viene bollato come antidemocratico e criptofascista solo perché le politiche, portate avanti dal governo democraticamente eletto e realizzate con leggi approvate in base a tutte le norme parlamentari, non coincidono coi desiderata di Bruxelles. Da noi, il Paese in cui, per sommo scrupolo, lo stesso ministro Salvini è stato messo sotto accusa, poi ovviamente archiviata, per aver atteso qualche giorno, con tanto di invio di viveri e medici a bordo, prima di far sbarcare nel massimo della sicurezza, i migranti irregolari della Diciotti. Il Paese in cui si bruciano in tutta tranquillità le effigi dei rappresentanti del governo in piazza, con la benedizione malcelata di sinistra e giornaloni, che simpatizzano coi i giovani “democratici”, senza che i protagonisti delle sagome oggetto di falò, ovvero i due vicepremier e leader dei due partiti di maggioranza, battano ciglio, anzi con uno dei due, Di Maio, che addirittura invita i manifestanti al ministero, per spiegare le proprie ragioni. Il Paese in cui, giustamente, si discute se ricevere o meno al Quirinale le “madamin” torinesi dopo la loro pacifica, sensata e civile, manifestazione pro-Tav. A scanso di equivoci: siamo ben felici e fieri, ancora una volta, di essere italiani. Di poter vantare un sistema tollerante ed un governo dialogante, in cui le proteste di piazza vengono, come è giusto che sia, rispettate e prese in considerazione. Quello che ci manca è piuttosto, e non è il primo caso, il giusto grado di auto consapevolezza. Vorremmo sentirci dire, per una volta, dai giornali che tifano per la crisi, dalle intellighenzie pronte a tirar strali sull’Italia ad ogni minimo problema, che siamo noi, semmai, l’esempio da seguire.