Oggi a mezzogiorno in punto a Bruxelles è arrivata la lettera tanto attesa. Il governo italiano, per la precisione il ministro dell’Economia Giovanni Tria, ha risposto punto per punto ai rilievi che all’Italia sono stati recapitati a mano dal Commissario all’Economia Pierre Moscovici – ma firmata anche dal collega Valdis Dombroskis – in merito ai contenuti della nota del Def 2019 o meglio il Documento programmatico di bilancio (Draft budgetary plan). Ribadito il punto cruciale ovvero il deficit al 2,4%. Nella missiva, pubblicata nel suo testo integrale, il ministro Tria spiega che il Governo «è fiducioso di poter far ripartire gli investimenti e la crescita del Pil e che il recente rialzo dei rendimenti sui titoli pubblici verrà riassorbito quando gli investitori conosceranno tutti i dettagli delle misure previste dalla legge di bilancio». Una manovra quindi che punta alla crescita per bilanciare un deficit in rialzo. Se per qualcuno il punto debole della manovra di bilancio erano gli investimenti, per Tria invece nel draft sono contenute «misure concrete in grado di superare i limiti che finora hanno frenato gli investimenti pubblici», quali «l’istituzione di una centrale di supporto alla progettazione, operativa a livello nazionale, e la semplificazione del  codice degli appalti».  Ma oggi non ha parlato, anzi scritto, solo Giovanni Tria. La missiva infatti è stata accompagnata dalle parole del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e dei due vice Presidenti del Consiglio, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, reduci da un fine settimana nel quale sono stati impegnati a ricucire la prima frattura nel Governo ovvero “lo strappo” sul condono. Conte è sempre il più diplomatico: «Se arriverà una bocciatura (da Bruxelles) ci siederemo a un tavolo e valuteremo insieme», ma poi riferendosi al Commissario Ottinger afferma duramente: «Se un commissario Ue prima di leggere la manovra e prima che arrivi la lettera dell’Ue mi dice che questa manovra verrà rigettata, io dico che è un pregiudizio e che è inaccettabile che provenga da chi rappresenta un’istituzione». Di Maio, il quale ha una sua personale teoria: «Tenderei a dividere i mercati dalle istituzioni europee. I mercati vogliono molto più bene all’Italia di quanto gliene vogliano certi commissari europei», ma da un’altra parte afferma di riconoscere «le istituzioni europee come nostro interlocutore e in questa interlocuzione noi spiegheremo le nostre ragioni». Decisamente più duro, nella sua disarmante chiarezza, Matteo Salvini: «Stiamo rispondendo alla commissione europea in termini  assolutamente garbati, dialoganti, costruttivi, ma i capisaldi della manovra non si toccano, dalla legge  Fornero, alla Flat Tax, allo stralcio delle cartelle di Equitalia, reddito di cittadinanza, non arretriamo di un millimetro su questo». Nonostante dichiarazioni concilianti persino da parte di Pierre Moscovici, secondo il quale la Commissione europea è intenzionata a evitare qualsiasi scontro con Roma, il confronto, o forse sarebbe meglio parlare di scontro, è appena cominciato. Un compito per niente facile per il mite ministro dell’Economia, Giovanni Tria.