Eppure l’Italia si muove, ed anche bene, almeno a leggere alcune delle perfomance che formano il Rapporto sulla competitività globale 2018 del World economic forum (Wef). Lo studio si basa su 98 indicatori, una sessantina dei quali nuovi rispetto alle precedenti edizioni. L’Italia non cresce di molto sulla somma complessiva (ha un punteggio di 70,8, con un incremento dello 0,3 su base annua, per una posizione finale al 31° posto), ma evidenzia alcuni risultati di assoluto rilievo mondiale. In particolare, l’Italia è al sesto posto assoluto per la sanità, al dodicesimo posto per le dimensioni del mercato, all’undicesimo posto per innovazione. Soprattutto, il nostro Paese piazza i cluster di eccellenza al quarto posto e la qualità degli istituti di ricerca al nono posto, mentre, pure restando indietro, segnano un miglioramento la qualità delle strade (54° posto) e quella della manodopera (40° posto) e il dinamismo delle imprese (21° posto). Decisamente indietro la formazione del personale (104a posizione) e la diversità della forza lavoro (137° posto). Più in generale, però, dal Rapporto emerge un quadro che deve far riflettere. Nonostante un grande battage su Industria 4.0 ed Internet delle cose, delle quali si parla e si dibatte nelle stanze che contano delle principali economie mondiali, larga parte dei Paesi appare fortemente impreparato. Secondo gli estensori del Rapporto, non sembrano apprezzarsi particolari cambiamenti che pure sarebbe utili per rafforzare la produttività del sistema economico. Nella classifica mondiale, gli Stati Uniti d’America sono al primo posto con 85,6 punti, davanti a Singapore (83,5 punti) e Germania (82,8 punti), che precedono di poco la Svizzera e il Giappone. Fra i Paesi europei, il Regno Unito con 82 punti occupa l’ottava posizione, mentre la Francia, con 78 punti, è al diciassettesimo posto. In generale, l’Europa, comunque, appare in ritardo rispetto al sud est asiatico che presenta una maggiore propensione all’innovazione.