di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Si comprendono chiaramente le ragioni, anche strumentali, della grande attenzione quotidiana che i media hanno dedicato al varo del primo Def del Governo del Cambiamento. Si capisce allo stesso modo perché all’indomani della sua presentazione ufficiale gli stessi mezzi di informazione si siano dedicati non tanto a sviscerare il contenuto e la bontà delle misure, che ovviamente saranno passate al vaglio dello scanner del disfattismo più sfrenato, quanto alla misurazione di quale delle due anime che compongono l’esecutivo più inedito della storia italiana, quella leghista e quella 5stelle, sia riuscita a prevalere sull’altra. Se il motivo è comprensibile, perché rientra nel “gioco” della politica, della propaganda e dell’informazione, non è detto che lo si debba accettare e soprattutto che sia un esercizio utile al bene principale che tutte le parti in causa dovrebbero avere in cima ai propri pensieri e alle proprie azioni: il bene comune, il benessere del Paese, l’uscita dal famigerato tunnel che il popolo italiano ha continuato ininterrottamente a percorrere per anni o quanto meno dai tempi del governo guidato da Mario Monti, passando per tutti quelli che lo hanno seguito fino al 4 marzo scorso.
Cambiare un’abitudine è difficile per un individuo, figuriamoci per un intero sistema che in questi anni ha viaggiato sicuro e senza interruzioni sui due binari del rigore e dei tagli alla spesa pubblica, senza rendersi conto e senza occuparsi dei morti e dei feriti lasciati sul terreno al suo passaggio. Ma adesso la musica è cambiata, lo sa benissimo il sistema, ed è proprio per questo che si sta ribellando e sta spargendo panico intorno ad una manovra economica “fuori dagli schemi”, quindi coraggiosa. Lo sta facendo nonostante il monito del presidente della Bce, Mario Draghi, il quale saggiamente ha consigliato tutti di abbassare i toni. Perciò tocca a noi dire che il disegno di legge di bilancio approvato ieri sera dal Consiglio dei ministri va nella giusta direzione. Non solo per lo smantellamento, a tappe, della Legge Fornero, con l’introduzione della cosiddetta quota 100, ma anche per lo stanziamento dei 15 miliardi per i prossimi tre anni al fine di rilanciare gli investimenti pubblici, soprattutto nel settore delle infrastrutture, per aver previsto un piano straordinario di assunzioni nelle forze dell’ordine per garantire maggiore sicurezza a tutti i cittadini.
Spetta sempre a noi, nonostante sia sano e “molto italiano” avere e vantare una fede calcistica, avvisare tutti che il Def è sì una partita importante ma non un derby, perché in gioco non ci sono due squadre che combattono l’una contro l’altra, ma il destino e il futuro di un intero Paese per il quale si sono messe in gioco responsabilmente, con la sottoscrizione di un contratto, due forze politiche nuove e diverse, animante da uno spirito dal quale la maggioranza del popolo italiano ha scelto di farsi guidare.