di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

C’è modo e modo di trattare una notizia, di leggere tra le righe di un evento con il quale orgogliosamente noi dell’Ugl abbiamo accolto due leader politici, oltre che di Governo, quali la Presidente del Rassemblement National, Marine Le Pen, e il vice Presidente del Consiglio nonché segretario nazionale della Lega, Matteo Salvini, qui in casa nostra, nella sede di Via delle Botteghe Oscure a Roma, per confrontarci serenamente e con grande partecipazione su un tema molto sentito: l’Europa che sogniamo. Crescita economica e prospettive sociali in un’Europa delle Nazioni, incontro avvenuto lo scorso lunedì 8 ottobre, ha fatto parlare molto e, credo, lo farà ancora. Un evento che ha attirato l’attenzione della stampa nazionale ed estera che osserva con grande attenzione, senza ovviamente lesinare critiche, il nuovo “paradigma” politico che sta governando l’Italia e l’influenza che esso potrà determinare non solo sulle politiche di Bruxelles ma anche sull’elettorato europeo, chiamato a esprimere il proprio voto a maggio 2019. Eravamo già preparati alle critiche, che sono arrivate puntuali. Il destino, almeno qui in Italia, a cui spesso vengono sottoposti partiti politici, associazioni, sindacati e idee non allineati al “pensiero unico” è quasi sempre quello di restare, non per loro volontà, inchiodati alle origini, a quell’antico alveo ideologico dal quale sono nati. L’Ugl non ha mai rinnegato le proprie origini, le ha sempre orgogliosamente celebrate. Tuttavia può diventare frustrante constatare quanto spesso una battaglia sindacale, una posizione netta o un’iniziativa inedita e innovativa, quale è stata quella che l’Ugl ha fortemente voluto l’8 ottobre schierandosi apertamente per una Europa delle Nazioni, debba sempre essere riportata al passato, illuminata non alla luce del presente e del futuro, ma a quella degli anni di forti e sanguinose contrapposizioni ideologiche. Non abbiamo nulla contro le ideologie, anzi. Ma le idee non sono degli idoli di pietra, sono vive e sopravvivono quando dimostrano di saper attraversare e superare le intemperie della storia e le sfide con la realtà. È stato quindi sorprendente, in senso positivo, scoprire su un articolo del quotidiano spagnolo El Pais (ripresa da Internazionale) che il suo autore, pur critico e pur a conoscenza della storia della nostra organizzazione e della storia anche dolorosa e oscura che circonda la nostra sede posta di fronte alla ex storica sede del Pci (le famose Botteghe Oscure), alla spalle di piazza del Gesù dove aveva sede la Democrazia Cristiana e a un passo da via Caetani, dove la mattina del 9 maggio venne fatto trovare nel portabagagli di una Renault 4 amaranto il cadavere di Aldo Moro, abbia avuto la libertà di pensiero di definire l’Ugl un «sindacato operaio», riconoscendoci cioè, come pochi qui in Italia hanno saputo o voluto fare, la nostra vera e attuale identità: di destra, popolare e fuori dagli schemi, non allineata al “pensiero unico” attualmente, ma forse ancora per poco, imperante.
Le nostre radici sono importanti e non vanno mai dimenticate, ma è altrettanto essenziale la nostra evoluzione, i nostri frutti e quindi con altrettanta attenzione siamo tutti chiamati adesso a prenderci cura delle rigogliose chiome del nostro forte e resistente albero.