di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Il Def proposto dal Governo italiano, pur essendo indubbiamente coraggioso, è stato accolto con un eccessivo ostruzionismo da parte delle Istituzioni italiane ed internazionali. Da Bankitalia al Fondo Monetario, dall’Istat alla Commissione Ue, tutti hanno risposto alla manovra del popolo con un secco “niet”. Persino l’Ufficio parlamentare di bilancio ha bocciato il documento. L’obiezione principale rivolta al Governo è che le misure proposte non siano economicamente sostenibili e le previsioni di crescita siano invece troppo ottimistiche. Eppure negli anni passati gli Esecutivi che si sono alternati alla guida del Paese hanno presentato manovre non molto difformi dal punto di vista dell’entità delle risorse messe in campo, con sforamenti del tutto paragonabili se non superiori alla fatidica soglia del 2,4% e una crescita rivelatasi in buona parte dei casi inferiore alle aspettative. Eppure non è così improbabile, e molte teorie economiche lo sostengono, che le crisi si superino meglio con politiche espansive piuttosto che con tasse e rigore. Eppure il popolo italiano sembra prontissimo a volersi assumere il rischio, come dimostra l’entusiasmo che sempre di più circonda ministri ed esponenti della maggioranza. Perché, allora, questa manovra suscita tanto allarmismo? Lo spread in crescita, certo, non aiuta, che sia o meno frutto di speculazioni, anche se dai rumors sembrerebbe in atto una contromisura da parte dell’Esecutivo volta a supportare l’andamento dei nostri titoli di Stato. Il superamento della Fornero con l’introduzione della quota 100, l’istituzione del reddito di cittadinanza e il contemporaneo abbassamento delle imposte con l’avvio della flat tax sono sicuramente provvedimenti innovativi e arditi. Tuttavia, nonostante tali oggettive considerazioni, l’impressione è che non sia questo il vero nocciolo del problema. Il nodo sembra tutto politico. La manovra è, infatti, frutto di una visione economica, politica e sociale diametralmente opposta rispetto alla vulgata finora portata avanti dall’establishment europeo e mondiale. Cosa accadrebbe se i gialloblu avessero ragione? Che succederebbe se con le manovre espansive proposte dal Governo si realizzasse quella crescita economica che con l’austerity non si è verificata e parallelamente aumentasse anche l’inclusione sociale? Come nel gioco del domino, se si avverasse una simile situazione l’Italia diventerebbe il primo tassello a cadere, dando il via ad un effetto emulativo destinato a propagarsi in tutto il mondo, scardinando poteri e politiche che si ritenevano inattaccabili. Il vero rischio non è che i gialloblu ci portino alla crisi, nel qual caso l’establishment avrebbe buon gioco nel veder confermate le proprie tesi, tornando in auge, ma che il Governo possa invece risollevare l’Italia. Questo sì che, per qualcuno, sarebbe invece inaccettabile.