di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

In epoca di social e di comunicazione a velocità supersonica, due domande continuano a riproporsi fra le pagine chiare e le pagine scure di questo nostro mondo iper connesso: come è potuto accadere che il mondo precipitasse in una crisi della portata di quella che abbiamo conosciuto fra il 2007 e il 2008? Potrà succedere di nuovo? La questione è se l’umanità, prima o poi, riuscirà ad imparare dai propri errori o, se, piuttosto, la teoria dei corsi e ricorsi storici di Giambattista Vico è sempre attuale. La crisi del ’29 era nata e prosperata sulla devastazione della Prima guerra mondiale, su dei Trattati di pace non condivisi da tutti gli attori in campo, sospinta dalle rivoluzioni. Motivazioni forti ed irrisolte che hanno poi portato alla peggiore delle tragedie che la storia dell’uomo ricordi. L’attentato alle Torri gemelle di New York dell’11 settembre del 2001, l’altro grande choc che ha causato una violenta crisi economica e che ha rischiato di mettere in ginocchio il mondo occidentale, è anch’esso un evento epocale, perché mai prima di allora gli Stati uniti erano stati attaccati con una tale forza sul loro territorio. Nel caso dei subprime, la crisi è stata tutta interna al sistema, una sorta di mostro che si è autoalimentato fino ad esplodere, con conseguenze, però, sull’economia reale. Una tempesta perfetta, al termine della quale le banche hanno trovato un nuovo assetto, mentre milioni di persone nel mondo sono ancora alla ricerca di un lavoro. Lorenzo de’ Medici ricordava che del «doman non c’è certezza»; pure l’Ocse non scherza, quando parla di picco di crescita ormai raggiunto, paventando un arretramento. Il tutto, mentre il mercato dei derivati è a livelli superiori al 2008.