L’iniziativa impegna i ragazzi a rispettare le diversità e a contrastare il cyberbullismo

In Francia – è notizia recente – è stato di fatto vietato l’uso dei telefoni cellulari a scuola, così come stabilito in un provvedimento approvato in estate (in verità il divieto era stato deciso già nel 2010, ma considerato il trend si è deciso quest’anno di rinforzare l’impianto). In Italia i regolamenti di istituto di solito prevedono che gli smartphone non debbano essere utilizzati dagli studenti durante le lezioni, tuttavia non sempre vengono rispettati. E per questo motivo a Piacenza, nel liceo sportivo San Benedetto, viene sperimentato per la prima volta un sistema che impedisce ai ragazzi l’utilizzo del telefono in classe e anche nei minuti di ricreazione. Ciò sarà possibile ricorrendo ad una speciale tasca, progettata e già diffusa negli Stati Uniti, il cui scopo è schermare, dunque isolare, gli smartphone. Saranno i docenti a sbloccarla, ma soltanto al termine delle lezioni. Insomma, è in atto – a quanto pare – una riflessione su larga scala su quanto i dispositivi tecnologici possano influire (negativamente) sull’apprendimento, proprio e altrui. E non solo. Si pensi ai più recenti casi di bullismo riportati dalla stampa, spesso declinati in versioni più tecnologiche grazie a smartphone e tablet. Che fare, dunque? Perché il problema, evidentemente, non si esaurisce con il solo utilizzo (o non utilizzo) dei telefoni in classe. Ecco, allora, che l’esperimento più ambizioso per l’anno scolastico appena ricominciato si registra a Vicenza. Dove verrà sottoscritto con pari dignità tra professore e studenti un «contratto etico», che impegnerà i ragazzi al rispetto dei compagni e della scuola in generale. È di Simone Ariot, docente del liceo Fogazzaro, l’idea di proporre un patto nero su bianco a 17 ragazzi di una classe dell’indirizzo scientifico. Il testo impegna gli studenti al rispetto delle diversità, a contrastare il cyberbullismo, il rispetto nei confronti dell’insegnante. Si fa riferimento anche all’abbigliamento che deve essere adeguato all’ambiente, al di là dello stile che il singolo predilige (il presupposto è «non confondere la scuola con una palestra, una piscina, una discoteca»). Infine gli studenti possono «esprimere dubbi» in modo educato e contattare l’insegnante via mail per qualsiasi chiarimento. L’iniziativa è piaciuta al punto che la preside della scuola non ha escluso di riproporre una stesura del patto in futuro. Un modo creativo e al tempo stesso responsabilizzante per i giovani ragazzi, che secondo il professore che ha ideato il «contratto etico» in questo modo si sentiranno parte di una squadra.