di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Se esiste una cifra stilistica del dibattito politico attuale, questa si trova nello scontro tra vecchio e nuovo. Tra l’establishment ed il cosiddetto populismo. Tra i politici paludati che sostengono che quello attualmente dominante – ovvero quello del dominio dell’economia e della finanza globale, del totem dello spread e del vangelo dell’austerity – è l’unico sistema possibile e le nuove figure emergenti che chiedono a gran voce di cambiare, facendosi interpreti di una massa popolare impoverita, privata della propria sicurezza economica e sociale e rimasta per troppo tempo inascoltata. Tra le litanie politicamente corrette delle stanze dei bottoni, e le richieste scorrette, ma necessarie ed accorate, scaturite dalle province dell’impero. Da quando il sistema ha iniziato a scricchiolare, con l’ascesa un po’ ovunque in Europa delle forze di cambiamento, anche la vecchia classe dirigente, messa alle strette ed in chiaro affanno, ha iniziato, però, a perdere il consueto aplomb. L’ultimo caso è quello del ministro degli Esteri del Lussemburgo Jean Asselborn, che, nel corso di un vertice europeo, non è riuscito a dissimulare il suo malumore nel corso del confronto con il ministro degli Interni italiano, ovvero il nostro vicepremier Salvini. Il leader della Lega, infatti, ormai rappresenta il principale interprete del vento del cambiamento, un vero e proprio “spauracchio” di dimensioni planetarie, come dimostrato dalla recente copertina di Time a lui dedicata, essendo la figura attorno alla quale si potrebbero catalizzare le forze in grado di scardinare l’equilibrio europeo e quindi mondiale. Ministro di spicco nel primo governo interamente “populista” in un Paese grande ed influente come l’Italia e ben inserito in un contesto di alleanze internazionali. Sappiamo bene che fra pochi mesi si terranno le elezioni europee e c’è agitazione per la prevedibile nascita di nuove proporzioni all’interno dell’Europarlamento. In Italia ci si prepara a questa delicata tornata elettorale affilando le armi della propaganda e provando a tessere strategie. Se il Pd tenta di imbastire una poco probabile rimonta con la cena fra i leader che hanno portato il partito ai minimi storici e i Cinquestelle come al solito correranno da soli, a destra l’idea è quella di rinvigorire un’alleanza ultimamente molto indebolita. Una maggiore unione fra forze con origini più compatibili rispetto a quelle dell’inedito Esecutivo gialloblu è senz’altro un elemento positivo, purché si vada incontro, in modo forte e chiaro, in tutte le sedi nazionali ed internazionali, al vento del cambiamento e si abbandoni ogni nostalgia di un vecchio sistema che non solo ha profondamente deluso, ma che sembra anche definitivamente orientato al declino, affinché una rafforzata compagine di centrodestra sia leader del rinnovamento che sta sbocciando in Europa.