di Caterina Mangia

Il 9 settembre si celebreranno venti anni dalla scomparsa di Lucio Battisti. Era il 1998 quando l’uomo che ha rivoluzionato la musica italiana si spengeva prematuramente a Milano all’età di 55 anni per cause che, come tutto il resto della sua biografia, sono rimaste avvolte in un alone di mistero.
Timido, sfuggente, insofferente verso il grande successo di pubblico, criptico e spartano nel suo modo di porsi e di vivere, Battisti rappresentò un vero e proprio spartiacque per la musica italiana: seppe rompere ogni schema melodico precostruito e si gettò con geniale coraggio in avventure compositive innovative, che restano scritte nella storia italiana. «Un artista», ebbe a dire il cantante, «non può camminare dietro il suo pubblico, un artista deve camminare davanti».
Il suo “matrimonio” con Mogol ci ha regalato titoli indelebili del repertorio “classico” nostrano: da “Emozioni” a “La canzone del sole”, da “Anche per te” a “Il mio canto libero”, i brani nati dalla loro collaborazione hanno scritto la storia del nostro Paese e si sono intrecciate indissolubilmente alle biografie degli italiani.
Dalla metà degli anni ’80, dopo la rottura dell’unione con il paroliere, che sembrava indissolubile, Battisti iniziò a lavorare con Pasquale Panella, nel segno di testi musicali più criptici ed ermetici rispetto ai precedenti.
In occasione del 20esimo anniversario dalla sua scomparsa, Sony ha deciso di rilasciare per la prima volta tutti gli album originali in formato Vynil Replica, che usciranno in edizione limitata il prossimo 14 settembre.
Il resto d’Italia si stringe a ricordare l’artista appassionato, il cantante visionario, il musicista coraggioso e anche l’uomo che, nel suo essere schivo e ritroso, ci ha lasciato grandi insegnamenti su cosa sia l’ego, il successo, la società di massa.
Nel corso della sua ultima intervista, rilasciata nel 1979 , undici anni prima della sua morte, Battisti annunciò: «Devo distruggere l’immagine squallida e consumistica che mi hanno cucito addosso. Non parlerò mai più, perché un artista deve comunicare solo per mezzo del suo lavoro. L’artista non esiste. Esiste la sua arte».