di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

L’idea è quella di parafrasare il titolo del libro del famoso immunologo Roberto Burioni. Il tema, però, non è quello, seppure d’attualità, relativo all’obbligo vaccinale, ma il dibattito attorno alle grandi opere. E qui si potrebbe dire: “La congiura dei catastrofisti. Perché la politica non può che essere democratica”. In sintesi: sulle grandi opere, essenzialmente Tap e Tav, non c’è uniformità di vedute nel governo. Favorevoli i leghisti, che ritengono necessario migliorare l’impianto infrastrutturale ed energetico italiano, e come dar loro torto date le carenze ormai insostenibili su entrambi i fronti, che tanto costano al Paese in termini di crescita ed inclusione. Ostili i Cinque Stelle, che temono sprechi, corruttele o danni all’ambiente. Due posizioni differenti sulle quali, però, si è trovato un compromesso nel famoso “contratto di governo” laddove si prevede di  verificare il rapporto fra costi e benefici e poi decidere di conseguenza. Se con tale via di mezzo si intendono salvaguardare lo sviluppo da un lato e le tutele legali e ambientali dall’altro, non si può che essere favorevoli alla mediazione fra le due forze politiche. Nonostante i toni accesi di questi ultimi giorni, l’impressione è, comunque, che, al di là di qualche scaramuccia, l’accordo alla fine sarà trovato e con neanche troppa difficoltà. Quello che invece lascia perplessi è l’insistenza con la quale i media pongono l’accento sulle differenze fra i due partiti. Come se non ricordassimo tutti, anche e solo semplicemente perché si tratta di fatti avvenuti pochi mesi fa, che Lega e M5S non sono certo un partito unico e neanche stabilmente alleati. Se avessero una visione sovrapponibile su qualsivoglia argomento, non solo si sarebbero presentati insieme alle elezioni, ma si sarebbero direttamente fusi in un’unica compagine, magari sotto le insegne di un Alberto da Giussano su fondo stellato. L’esecutivo è invece, come ben sappiamo, frutto di un accordo post-elettorale fra forze con molti elementi in comune – altrimenti non sarebbe stato possibile neanche sedersi attorno a un tavolo – e diverse idee differenti, se non divergenti, sulle quali, però, si è trovato, e messo nero su bianco, un compromesso. Le grandi opere appartengono a quest’ultima categoria. Insistere, come fanno molti commentatori, sulle “divisioni interne” lasciando quotidianamente presagire un’imminente crisi di governo è un esercizio non solo sterile, ma dannoso. Dannoso non tanto per l’esecutivo in carica, quanto per il Paese, che non trarrebbe giovamento da crisi, nuove elezioni o ingovernabilità, perché, se ne facciano una ragione i catastrofisti, la politica non può che essere democratica e come attestano inequivocabilmente i sondaggi, una sempre più ampia maggioranza dei votanti sostiene le due forze ed al momento non sarebbero possibili alternative di governo.