di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Il braccio di ferro che si è consumato sulla Rai ha portato, ad oggi, alla mancata elezione del nuovo Presidente designato dai due partiti della maggioranza di governo, ovvero il giornalista Marcello Foa, che non è riuscito a conquistare il numero di voti richiesto in Commissione di Vigilanza per veder convalidato il proprio incarico. Indipendentemente dal giudizio sulla persona e sulle qualità professionali di Foa, a prescindere da considerazioni di ogni sorta sulla contesa politica e senza neanche provare a svolgere congetture su quale sarà l’esito finale della vicenda, una cosa è certa: il mondo dei mass media in generale e la Rai in particolare hanno urgente bisogno di un profondo rinnovamento, qualunque sarà il nome della persona che sarà chiamata a presiedere quella che è stata definita “la più grande azienda culturale ed informativa del Paese”. Già in diverse occasioni abbiamo avuto modo di notare ed evidenziare un profondo scollamento fra il comune sentire ed il mondo dell’informazione. In questo settore, infatti, è particolarmente evidente quella dicotomia fra “popolo ed élite” che è il segno distintivo dei tempi recenti. Con questo non si intende certo dire che i giornalisti debbano uniformarsi, per essere popolari ed in un certo senso “legittimati”, ai gusti ed agli umori delle masse. Sarebbe non solo profondamente riduttivo ed avvilente nei confronti del fondamentale ruolo dell’intero sistema dell’informazione e della comunicazione, ma anche controproducente ai fini della crescita culturale collettiva e soprattutto limitativo del diritto/dovere ad un dibattito libero ed indipendente dalla politica e dall’alternarsi delle maggioranze, indispensabile per chiunque persegua il benessere della Nazione. Negli ultimi tempi, tuttavia, nel mondo dell’informazione qualcosa è avvenuto e, sebbene di segno opposto a quanto sopra paventato, allo stesso modo profondamente iniquo: la gran parte delle testate giornalistiche della carta stampata come della televisione ha deciso di abbracciare una precisa visione del mondo, per inciso opposta rispetto a quella della maggioranza della popolazione che ha portato alla nascita del cosiddetto “Governo del cambiamento”, e di portarla avanti con pervicacia, dando così una sensazione scoraggiante di partigianeria, perdendo di conseguenza autorevolezza. Sappiamo bene che una totale oggettività è nei fatti inattuabile, ma la ricerca della maggior dose di imparzialità possibile è, al contrario, un dovere per operare con credibilità nel mondo dell’informazione. Anche per riacquistare il terreno perduto nei confronti della concorrenza che comunica tramite il web. Comunque si concluda l’affaire Rai e chiunque sia il nuovo Presidente, questa sarà la maggior sfida da vincere, il recupero dell’autorevolezza, per il bene dell’azienda ma soprattutto nell’interesse dei cittadini.