di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Il sindacato si trova di nuovo sotto la lente d’ingrandimento dopo le dichiarazioni del Vicepremier, Ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico. Luigi Di Maio, infatti, nel corso del suo intervento alla Camera per illustrare le linee programmatiche dei propri dicasteri, ha espresso delle perplessità nei confronti delle associazioni dei lavoratori richiedendo una verifica della rappresentanza alle organizzazioni sindacali, criticando un presunto automatismo nel rinnovo delle tessere ed infine caldeggiando la presenza di nuovi interlocutori nei tavoli di trattativa. Una posizione non certo nuova, già palesata durante la campagna elettorale, ma ora rafforzata nel valore dal ruolo istituzionale ricoperto. È certamente legittimo proporre forme di modernizzazione del sistema di relazioni industriali per renderlo più trasparente ed inclusivo. L’auspicio, però, è che il nuovo Ministro ed il nuovo Governo si muovano in discontinuità rispetto ai precedenti Esecutivi a guida Pd, che avevano introdotto una stagione di dirigismo sui temi del lavoro volta ad escludere se non a delegittimare il ruolo del sindacato. Anche perché le perplessità mostrate da Di Maio appaiono largamente infondate: già esistono accordi per la misurazione della rappresentatività e se una materia è rimasta scoperta si tratta piuttosto di quella relativa alla verifica del peso della parte datoriale. Per quanto riguarda il rinnovo della tessera di iscrizione, il sindacato non intende né può imporsi sulla volontà dei lavoratori, che sono in ogni momento liberi di revocare il proprio mandato con effetti immediati. In merito al fatto che non dovrebbero essere solo i sindacati a contrattare, l’Ugl ha avanzato già da tempo la proposta del contratto di comunità per il II livello al fine di includere nelle trattative, oltre ai rappresentanti dei lavoratori e dell’azienda, anche quelli degli Enti Locali, espressione della popolazione coinvolta dal punto di vista economico, sociale, occupazionale ed ambientale nel processo di produzione. Ci si augura, quindi, che l’approccio del nuovo Ministro verso il sindacato possa cambiare, trasformandosi in un confronto magari anche critico, ma propositivo e capace di riconoscere il contributo che le associazioni dei lavoratori possono offrire nella formulazione di azioni politiche volte alla promozione dei diritti sociali e del lavoro, grazie al proprio bagaglio di esperienza sul campo e di competenza in materia. L’Italia ha bisogno di interventi urgenti per rilanciare quantitativamente e qualitativamente il lavoro, in un Paese che affronta una drammatica questione occupazionale con – come dichiarato dallo stesso Di Maio – oltre 140 tavoli di crisi aperti e 198mila lavoratori coinvolti. È su questi temi che sarebbe quanto prima necessario ed opportuno un confronto tra il Ministro e le organizzazioni sindacali.