di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Per un presidente della Bce, Mario Draghi, che getta acqua sul fuoco intorno agli allarmi lanciati da varie e scontate direzioni sull’operato del Governo Conte («Dobbiamo vedere i fatti prima di esprimere un giudizio, i test saranno i fatti, finora ci sono state le parole e le parole sono cambiate»), c’è un presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, che oggi dal palco della tradizionale Assemblea annuale dell’Associazione da lui guidata, quella delle Banche, sparge terrore: «La scelta strategica deve essere di partecipare maggiormente all’Unione europea impegnando di più l’Italia nelle responsabilità comuni», «altrimenti l’economia italiana potrebbe finire nei gorghi di un nazionalismo mediterraneo molto simile a quelli sudamericani». Da segnalare sono anche le parole del Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, il quale dalla stessa Assemblea, tra un monito e l’altro lanciato all’esecutivo («Politiche di sostegno della domanda vanno  dosate con cura, ponendo attenzione all’equilibrio dei conti pubblici», oppure «C’è bisogno di un’ampia ed equilibrata riforma fiscale, diretta ad accrescere l’occupazione e promuovere la crescita dell’economia»), si lascia poi sfuggire che, a fronte di un evidente rallentamento dell’attività economica, «la fiducia delle famiglie e delle imprese si mantiene su livelli elevati», fiducia risalita (passando da 113,9 a 116,2), come rilevato dall’Istat a giugno 2018, rispetto alle precedenti cadute, proprio in concomitanza con l’arrivo del Governo del Cambiamento a Palazzo Chigi.
Ma chi è che sta parlando di uscire dall’euro? Per ora alcun rappresentante del Governo Conte sta realmente prospettando l’ipotesi, anzi è quasi disarmante l’equilibrio espresso sempre oggi dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria, per il quale «il disegno riformatore del Governo andrà avanti» tendendo sempre presente l’impegno «alla riduzione del debito pubblico», «l’obiettivo di rafforzare l’Unione monetaria è condiviso». Eppure in un’intervista al Sole 24 Ore di oggi il ceo e chairman di J.P. Morgan Chase & Co (non certo una società di mutuo soccorso) ha tenuto a precisare che la sua società finanziaria, da 100 anni nel nostro Paese, intende restarci anche per i prossimi 100, ma che non vede uscite dall’euro «senza catastrofi». Il punto però è che coloro che oggi lanciano continui allarmi in merito all’operato del Governo Conte sono gli stessi che hanno o suggerito o suffragato le tragiche riforme dei Governi precedenti che hanno portato agli scarsi frutti anche in termini di crescita del nostro Paese, all’impoverimento progressivo del ceto medio, mentre chi rischia di far realmente saltare l’Unione, ancor prima che quella Monetaria, sono proprio i Paesi considerati più virtuosi, quelli che i compiti a casa – a parole – li hanno sempre diligentemente eseguiti.