Un primo passo verso la riduzione della precarietà. È questo lo scopo del decreto-legge Dignità che è stato approvato dal Consiglio dei ministri ed è in corso di pubblicazione in Gazzetta ufficiale. Da quel momento, il Parlamento avrà sessanta giorni di tempo per la definitiva conversione in legge, due mesi nei quali è possibile apportare dei correttivi, magari subito dopo aver audito le parti sociali. Anche alla luce del contratto di governo fra Lega e MoVimento 5 Stelle, questo provvedimento non resterà l’unico in materia di lavoro, in quanto l’obiettivo è quello di incentivare il lavoro duraturo e qualificato. Il decreto-legge, intanto, interviene da subito sul contratto a tempo determinato. L’esperienza di questi tre anni, da quando è entrato in vigore il decreto legislativo 81 del 15 giugno del 2015, ha evidenziato un impiego abnorme dei contratti a termine che hanno finito per marginalizzare tutte le altre forme contrattuali, compreso il contratto a tempo indeterminato, perfino nella sua versione edulcorata del tutele crescenti, e quello di apprendistato. Ora vengono reintrodotte le causali, vale a dire le esigenze di servizio, dopo dodici mesi, e si riducono i rinnovi da cinque a quattro. Inoltre, il decreto prevede un incremento dell’aliquota contributiva aggiuntiva sempre sui rinnovi, un incremento dell’indennità minima in caso di licenziamento illegittimo, un allineamento della somministrazione ai contratti a termine ed un forte disincentivo alle delocalizzazioni.