Roma “chiama” Dublino e anche Berlino risponde. Mentre oggi nell’Aula del Senato il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte illustrava la sua relazione per il voto di fiducia, con al fianco i Vice Presidenti del Consiglio, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, a Lussemburgo, sede del vertice dei ministri degli Interni degli Stati Ue sull’immigrazione, già si era realizzata un’alleanza insolita.
Nel discorso di un’ora in cui ha riassunto il programma di Governo, Conte ha dovuto necessariamente dedicare un passaggio a tranquillizzare gli animi della pubblica opinione, e non solo, agitati da una polemica che da sabato scorso non accenna a diminuire e che oggi ha riempito intere pagine dei principali quotidiani, – condite dai toni allarmistici di Emma Bonino (+Europa): «Temo questo disegno eversivo…», giudicando preoccupanti e soprattutto «impraticabili» le uscite del ministro dell’Interno Matteo Salvini (Repubblica). Il premier ha affermato: «Non siamo e non saremo mai razzisti», «chiederemo con forza il superamento del Regolamento di Dublino al fine di ottenere l’effettivo rispetto del principio di equa ripartizione delle responsabilità e realizzare sistemi automatici di ricollocamento obbligatorio dei  richiedenti asilo», «vogliamo che le procedure  mirate all’accertamento dello status di rifugiato siano certe e  veloci, anche al fine di garantire più efficacemente i loro  diritti». Ancora prima di ascoltare le rassicuranti parole di Conte, nella sostanza identiche a quelle già espresse da Matteo Salvini, la Germania aveva già deciso di seguire l’Italia sulla sua stessa posizione. Forse non aspettava altro. L’Italia e i Paesi del Mediterraneo, da una parte, sono convinti che quella riforma possa ulteriormente nuocere loro a causa di una riduzione del principio di solidarietà. La differenza, rispetto a prima, è che non sono più soli. Già arrivando a Lussemburgo, il segretario di Stato agli Interni tedesco, Stephan Mayer, aveva dichiarato: «Sono profondamente convinto che non sia solo l’Italia a opporsi alla riforma del sistema europeo di asilo. Le critiche vengono anche dai Paesi di Visegrad e anche la Germania critica alcuni punti specifici». Tanto per intenderci i Paesi di Visegard sono Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia, che osteggiano, anche con Austria e i Paesi Baltici (Lituania, Estonia, Lettonia), le proposte in tema di politiche migratorie proposte dalla Bulgaria, presidente di turno del Consiglio Ue, in particolare il sistema obbligatorio delle quote con cui Dublino III avrebbe dovuto essere riformato, un meccanismo per l’Italia – persino anche per l’Italia dell’era Gentiloni – non sufficientemente solidale.
Molto rumore, e terrore, per nulla quindi: la riforma è saltata ancora prima che il vertice iniziasse, con buona pace di Emma Bonino.