di Caterina Mangia

Un test del dna, semplice, veloce e soprattutto “fai da te”. Si tratta di una tendenza sempre più in voga nell’ultimo periodo, che negli Stati Uniti  ha visto 12 milioni di persone condividere i loro dati genetici in rete per farli analizzare e ricevere una serie di informazioni: dal proprio albero genealogico alla ricerca di parenti lontani, dalla predisposizione ad alcune malattie alla ricerca del partner più compatibile.
Anche in Italia un’azienda pubblicizza in televisione la ricostruzione dell’albero genealogico inviando un campione di Dna.
Si tratta di un gesto che può permetterci di soddisfare curiosità relative ai nostri antenati e al nostro futuro, ma che non è esente da rischi: primo tra tutti, il fatto che un’approfondita analisi genetica non può che essere seguita nell’ambito di una consulenza con un esperto. Si apre inoltre uno scenario che potrebbe avere tratti inquietanti, richiamando alla mente il caso Cambridge Analytica: il traffico dei “big data” potrebbe riguardare non soltanto le opinioni politiche e gli orientamenti personali di chi frequenta la Rete, ma anche le informazioni, ancora più intime e personali, inscritte nel dna delle persone. Il Garante per la Privacy, Antonello Soro, ha commentato con l’Adnkronos Salute il nuovo boom dei test: le indagini genetiche ‘fai da te’ «suscitano legittimi interrogativi sulla loro reale affidabilità, non solo dal punto di vista delle garanzie in termini di protezione dei dati personali e di corretto utilizzo dei campioni raccolti per eseguire il test, ma anche in termini di validità medico-scientifica dei risulati».
Anche l’esperto di protezione dati, Riccardo Giannetti, ha commentato con l’Adnkronos Salute che «inviando un campione di materiale biologico per posta, dopo aver acconsentito al trattamento mediante un banale consenso online si consegnano i propri dati genetici, oltre alla nostra identità, a un soggetto che non si sa quale uso potrà farne. Si tratta di dati ai quali viene anche associata una persona, non anonimi quindi. Una cosa di una gravità inaudita, che richiede molta attenzione».
Per Giannetti, «ancora più inquietante che dati di tale portata siano alla mercé di qualunque società che in un futuro possa acquisire la ditta erogatrice del servizio, senza alcuna possibilità per il soggetto di esercitare del servizio, senza alcuna possibilità per il soggetto di esercitare un controllo sui dati genetici e personali suoi e dei suoi eventuali familiari».