di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl
Mentre in questi giorni seguivamo le vicende legate alla formazione del governo, già fioccavano, pur nella pressoché totale mancanza di dati definitivi su punti del contratto e nomi dell’esecutivo, gli strali della stampa, che immaginava scenari apocalittici per il Paese. Quanto l’ipotetico governo “neutrale”, nonostante il fatto che anch’esso fosse rimasto avvolto da un’aura di incertezza in merito ad eventuale premiership, composizione e programma, era stato accolto dalla gran parte dei mass-media come una benedizione piovuta dal cielo, tanto questo inedito esecutivo “giallo-verde” viene tratteggiato preventivamente come una sciagura. Insomma, se vedrà la luce, il nuovo governo non sarà circondato certo da una stampa amica. Non si tratta certo di una sorpresa. Basti pensare che la gran parte dei giornali e delle televisioni hanno ben diversi riferimenti politici e culturali. La gran parte di orientamento democratico, eventualmente aperti ai 5 Stelle solo nell’ipotesi, tramontata, di un accordo fra grillini e Pd. I restanti vicini al vecchio schema di un centrodestra a trazione Forza Italia. L’inedito scenario aperto dalle elezioni del 4 marzo può contare su media organici ai partiti di governo riassumibili essenzialmente in Radio Padania e nel Blog delle Stelle. Un po’ poco. Ma leggendo la storia al contrario e ripartendo dalla campagna elettorale non si può certo dire che gli apparati di stampa dei partiti tradizionali abbiano conseguito risultati proporzionali alla propria “potenza di fuoco”. Tutt’altro. Come accaduto qualche tempo fa in America, l’endorsment di giornalisti, grandi firme, intellettuali – ma anche artisti e altre note personalità – sembra aver provocato l’effetto opposto a quello voluto. Negli Usa, se l’intellighenzia sceglie la Clinton, allora il popolo vuole Trump. Così anche da noi. Se i media spingono su certe forze, i voti vanno su altre. Non solo per il programma degli uni o degli altri, non solo per la personalità dei singoli candidati, ma, sembrerebbe, proprio in contrapposizione al pensiero dominante. Si cercano le cause nel ruolo della rete e dei social, ma i nuovi strumenti sono a disposizione di tutti e non si può certo credere che le forze politiche più radicate non abbiano a disposizione esperti di comunicazione sui new media. Forse la crisi della stampa tradizionale non è solo una conseguenza, ma anche una causa dell’avanzata delle nuove fonti di informazione, che si sono trovate non tanto a scalzare una solida posizione, quanto semmai a colmare un vuoto già presente. Fatto sta che i mass-media tradizionali non riescono più a convincere i cittadini. O meglio, hanno perso autorevolezza a tal punto da sortire l’effetto contrario, ossia far tendere l’opinione pubblica proprio sul fronte opposto a quello da esse sostenuto, in una sorta di involontaria psicologia inversa.