di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Purtroppo a volte i conti tornano: una triste riprova l’abbiamo avuta oggi con l’intervento del Presidente Istat, Giorgio Alleva, nel corso delle audizioni sul Def con le Commissioni speciali di Camera e Senato.
Una triste riprova del fallimento delle politiche del Governo Renzi il quale, mentre reclamizzava il suo “cambioverso”, poneva contemporaneamente le basi per un impoverimento del Paese, anzi di quel ceto medio che tanto aveva contribuito con i propri risparmi e con i propri sacrifici a supplire alle lacune del nostro sistema di welfare nel tamponare gli effetti di una crisi senza precedenti.
Quasi inutile sottolineare in quali e quanti modi l’Ugl abbia più volte invitato l’allora Presidente del Consiglio a non perseverare in scelte scellerate, soprattutto in periodo di crisi, che hanno portato alla progressiva cancellazione non solo delle risorse ma anche dei diritti. Così come abbiamo più volte detto che il Rei (Reddito di inclusione) era solo una goccia in mezzo al mare.
Non siamo stati ascoltati. Di più, come tutti sanno, i sindacati sono stati accusati di essere un vecchio armamentario, proprio da quella sinistra riformista che pensava di avere in pugno non solo le leve del comando ma anche il consenso di un intero Paese. I numeri però, i conti, continuano a dimostrare che quella sinistra si stava sbagliando. Non è un sindacalista, ma è il presidente dell’Istat, Giorgio Alleva, a parlare di «aggravamento di alcune criticità soprattutto sul fronte della disuguaglianza e della povertà assoluta».
Nel 2017 l’Italia è arrivata a circa 5 milioni di persone in povertà assoluta, distribuite in 1,1 milioni di famiglie, 4 su 100, nelle quali «tutti i componenti appartenenti alle forze di lavoro sono in cerca di occupazione e non percepiscono redditi da lavoro». Se si pensa che queste famiglie erano 535mila, mentre oggi siamo a 1,1 milioni e più della metà si trova al Sud, il quadro della devastazione generato da una crisi senza precedenti e da anni di politiche nazionali e europee sbagliate, poiché incapaci di leggere la realtà senza orpelli ideologici e astruse teorie liberiste, il quadro si fa molto chiaro e i conti purtroppo tornano.
Anche l’esito delle elezioni del 4 marzo ne è una naturale conseguenza. È quindi arrivato il momento di invertire la rotta, quantomeno di provarci e fino in fondo.