I primi dati del 2018 segnalano una ripresa degli infortuni sul lavoro, in particolare, di quelli mortali (si stima oltre venti casi di decessi in più, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno), a conferma della tendenza già registrata nel corso dell’anno appena concluso. Il 2017, infatti, ha segnato una significativa ripresa degli infortuni con esito mortale. L’Inail ne ha censiti 1.029 (nel 2016 erano 1.018). L’errore da evitare scorrendo i dati è che si possa pensare che la crescita degli infortuni mortali dipenda esclusivamente da fattori esterni agli ambienti di lavoro. Questo perché i decessi in occasione di lavoro rimangono stabili, circa 750, mentre aumenta l’impatto di quelli in itinere (+14), come se l’incidente nel percorso fra l’abitazione e la sede di lavoro e viceversa non risentisse delle dinamiche proprie del tipo di occupazione svolta. In concomitanza con la Campagna dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro del 2014 e del 2015, si pose grande attenzione al fenomeno dello stress lavoro-correlato. È di tutta evidenza che un lavoratore, impiegato magari con contratto a tempo determinato, è sottoposto a rischi maggiori e ad uno stato di tensione tale che possono risultare fatali, così come la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro diventa complicata in un Paese come l’Italia dove la carenza di servizi per l’infanzia e la non autosufficienza è cronica, con tutto quello che ne consegue.