La partita resta calda. Non accenna assolutamente a calare la tensione intorno al futuro degli stabilimenti Ilva in Italia. E non potrebbe essere altrimenti, vista la partita in gioco. La rottura che si è consumata al tavolo di trattative al Ministero dello sviluppo economico è grave e potrebbe avere conseguenze pesanti sui lavoratori, come pure su tutto il sistema produttivo, considerando la centralità della siderurgia per l’economia di ogni Paese. Il Ministro Carlo Calenda ha insistito, via tweet, sul fatto che «AM InvestCo ha un obbligo di mantenimento di 10.000 persone per tutto l’arco del piano, riconoscendo inquadramento, diritti e retribuzioni». Un concetto ribadito anche dalla viceministro Teresa Bellanova, la quale ha ricordato come Mittal abbia «sottoscritto con il governo un contratto che prevede la riassunzione di almeno 10mila addetti», con il governo a garantire «la sicurezza per gli altri lavoratori che non dovessero rientrare in Ilva la sicurezza dell’assunzione nell’amministrazione straordinaria» per il recupero ambientale di Taranto. Ed invece, sei mesi e quindici incontri dopo, la situazione non solo si è arenata, ma sembra volgere al peggio. Dura la reazione dei sindacati, dalla Fiom Cgil alla Ugl Metalmeccanici, passando per la Fim Cisl, la Uilm e la Usb, tutti schierati contro i diktat della nuova proprietà. Lo sciopero è sempre più vicino.