Era nell’aria, ora abbiamo la certezza: si è consumato il sorpasso della Spagna sull’Italia. Secondo il Fondo monetario internazionale il Pil pro capite del Paese iberico ha superato, lo scorso anno, quello italiano. Gli spagnoli sono più ricchi degli italiani, in altre parole. E secondo le stime il trend proseguirà nei prossimi cinque anni, con la Spagna che diventerà più ricca del 7%. Per dare il senso della misura, dieci anni fa l’Italia era il 10% più ricca. La “remuntada” spagnola, avvenuta a partire dal 2015 ad un ritmo di crescita quasi il doppio del nostro, ci obbliga ad una serie di riflessioni. La prima riguarda, ancora una volta, la vuota retorica delle ultime esperienze di governo. La crescita dell’Italia che si è registrata in questi anni è stata favorita soprattutto dal contesto internazionale più favorevole, certo non da misure incisive di contrasto al disagio sociale di cui il Paese aveva e continua ad avere bisogno. La ripresa, insomma, non ha interessato tutti – famiglie, cittadini e imprese – e non si è distribuita equamente nelle diverse aree geografiche. La seconda riflessione: al netto delle previsioni che vorrebbero il Pil crescere anche nel 2018 (attorno all’1,5-1,6%), ciò che davvero emerge è il lento recupero della nostra economia. L’Italia cresce, ma l’andamento è altalenante e tra i più bassi in Europa. Non è un caso che molti cittadini percepiscano la fase recessiva come non superata del tutto. La terza e ultima considerazione al riguardo è piuttosto il riflesso dell’attuale stallo politico che il Paese è costretto ad attraversare. Sebbene non manchino, nel Vecchio continente, gli esempi di Paesi che sono riusciti a mettere a segno risultati importanti pur in assenza di un governo (dapprima il Belgio, poi la stessa Spagna o i Paesi Bassi), l’Italia ha necessità di un esecutivo nel pieno dei suoi poteri – a guida centrodestra, secondo la volontà espressa dagli italiani con il voto del 4 marzo – proprio per agganciare il treno della risalita, rilanciare la domanda interna (consumi e investimenti), favorire una migliore occupazione, lavoro stabile e salari adeguati. Forse lo abbiamo dimenticato, ma la nostra economia è ancora lontana dai livelli pre-crisi. E il recupero, per come ora strutturato, non ci mette al riparo da nuovi, possibili rischi.