di Caterina Mangia

E’ passato quasi mezzo secolo. Quasi mezzo secolo iniziato con inaccettabili tentativi di depistaggio e proseguito con decenni di “imbarazzo” intellettuale.
Finalmente, quarantacinque anni dopo il rogo di Primavalle, il Corriere della Sera “sdogana” una vicenda terribile e mai del tutto affrontata, ammettendo che in quell’occasione, uno dei più tristi e “mal digeriti” bocconi della nostra storia recente, la sinistra «perse l’innocenza». Era la notte del 16 aprile del 1973 quando Stefano Mattei, un bambino di soli otto anni, morì bruciato vivo nella sua casa a via Bernardo da Bibbiena, nel quartiere romano di Primavalle. Era abbracciato alla gamba del fratello Virgilio, 22 anni, rimasto nella casa in fiamme per aiutarlo a salvarsi, e morto con lui. I genitori e altri quattro fratelli riuscirono a salvarsi, chi uscendo dalla porta principale e chi gettandosi dal terzo piano.
E’ormai accertato che l’incendio che devastò la casa della famiglia Mattei fu appiccato da Achille Lollo, Manlio Grillo e Marino Clavo, militanti di Potere Operaio condannati come esecutori materiali del delitto: furono loro a versare cinque litri di benzina sotto l’ingresso dell’appartamento per compiere un’azione punitiva di matrice politica nei confronti di Mario Mattei, ex netturbino e segretario del Msi della sezione Giarabub di Primavalle.
Nessuno di loro ha scontato la pena; tutti coloro che hanno contribuito al verificarsi della tragedia – comprimari, esecutori, organizzatori – sono a piede libero; alcuni sono addirittura nomi autorevoli del panorama giornalistico italiano.
A questa situazione ha concorso la “cattiva fede” della sinistra, che, con un opuscolo chiamato “Controinchiesta”, attribuì la responsabilità dell’accaduto a un regolamento di conti interno alla destra; furono molti i quotidiani e gli intellettuali – Franca Rame in testa – che, di fronte alla morte di un bambino di otto anni e di un giovane di 22,  si mantennero su posizioni innocentiste nei confronti degli imputati.
Due giorni dopo il 45esimo anniversario della strage, in un articolo firmato da Pierluigi Battista sul Corriere della Sera, questo terribile capitolo della storia italiana è finalmente affrontato con un’ammissione: il giornalista scrive che «cominciò una campagna di disinformazione e di depistaggio, partita dall’estrema sinistra ma appoggiata dagli organi tradizionali della stampa e della televisione, per cancellare la vera matrice politica del misfatto». E ancora: «Stefano e Virgilio furono uccisi una seconda volta da titoli oltraggiosi e insensati che servivano a colpevolizzare le vittime».
Una storia di ingiustizia viene nuovamente affrontata e riscritta, e le responsabilità – anche quelle politiche e “intellettuali” – riassegnate. Meglio tardi che mai.
Resta un fatto, enorme e monolitico: Stefano e Virgilio, da 45 anni e due giorni, non ci sono più.