di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Il ruolo del sindacato, specie di quello confederale, non è semplicemente quello, seppure fondamentale, di trattare le migliori condizioni di lavoro nei vari settori produttivi o nelle singole aziende, ma è anche quello, altrettanto importante, di farsi interprete e portavoce delle istanze e non solo dei lavoratori attivi, ma anche dei disoccupati, dei pensionati ed in generale delle categorie più deboli, mettendo in luce i problemi economici e sociali che investono la cittadinanza e cercando anche, possibilmente, di individuare le soluzioni migliori ispirate ai principi della giustizia sociale e della solidarietà collettiva. Se ciò significa che il sindacato è populista, bisognerà allora farsi carico, con fierezza, di questa etichetta. Il riferimento è alle dichiarazioni di Tito Boeri, il presidente dell’Inps, ormai noto per le esternazioni sui temi economici, politici e sociali più disparati e che in varie occasioni ha contrastato in modo più o meno palese il ruolo e la funzione dei sindacati. Il numero uno dell’Ente di previdenza ha infatti affermato che i sindacati sono “negazionisti” verso i dati economici e stanno strizzando l’occhio al cosiddetto populismo, a suo avviso a loro stesso rischio e pericolo. Boeri sostiene che “i sindacati sono in Italia troppo affaccendati a pensare a temi diversi da quelli del lavoro e mostrano addirittura di essere ammiccanti con alcune delle tesi populiste più in voga nel mondo politico in questo periodo, perdendo di vista il loro stesso ruolo” riferendosi in modo particolare alle richieste sindacali di rivedere le recenti riforme su pensioni e lavoro, leggasi Fornero e Jobs Act, e di immaginare politiche economiche più espansive ai fini di una ripresa concreta, certo senza ignorare, ma solo mitigando, gli impegni sui vincoli di bilancio. Richieste equilibrate, comprovate dai risultati non solo socialmente iniqui ma anche economicamente deludenti delle politiche sostenute, invece, dal Presidente dell’Inps. Proposte, peraltro, variegate e differenziate fra le diverse sigle sindacali, ognuna animata dalle proprie visioni e sensibilità. Ma a quanto pare per Boeri “populismo” è qualunque analisi critica sugli esiti delle politiche finora adottate, qualunque proposta che non segua pedissequamente le ricette europee fatte di un’austerity rivolta quasi esclusivamente contro le fasce deboli della popolazione, qualunque richiesta che inviti a tener conto degli enormi sacrifici richiesti negli ultimi anni ai cittadini, sempre più tartassati ed impoveriti. Qualunque tentativo di correggere la rotta della politica – come richiesto anche dai cittadini stessi, chiaramente, alle elezioni – e portarla a riconoscere ed a tentare di affrontare una drammatica ed evidente questione sociale che non può più essere nascosta né sminuita con un ormai inaccettabile, questo sì, negazionismo.