di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

La partita è appena iniziata, ma sarebbe delittuoso restarne fuori perché in gioco ci sono tanti miliardi di euro e la visione che si vuole dare del futuro prossimo venturo dell’Unione europea. Nelle prossime settimane, la Commissione europea formulerà la propria proposta in merito alla Programmazione 2021-2027. Sembra ieri che si parlava di come affrontare il settennato in corso e già si lavora a quello successivo, individuando priorità e strumenti per raggiungere tali obiettivi. Si intrecciano questioni a diversi livelli, tutte comunque evidentemente importanti. La prima è quale sia il peso che oggi abbiamo come Paese all’interno della Commissione europea. Potenzialmente potrebbe considerarci adeguatamente coperti: Federica Mogherini occupa una posizione assolutamente preminente, essendo Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza nonché vice presidente della Commissione stessa. A conti fatti, però, il suo ruolo è stato interpretato in un’ottica più europeista che nazionale. Giusto o sbagliato non sta a noi a dirlo. Quel che però possiamo e dobbiamo osservare è che altri suoi colleghi non hanno mai tolto la casacca della loro squadra nazionale per mettersi quella blu con le stelle gialle. Ciò, indubbiamente, qualche scompenso ce lo ha creato. L’assenza di un governo nella sua pienezza, poi, priva il sistema Paese di una interlocuzione efficace. È vero che la partita è appena iniziata, ma è pur vero che un goal segnato al primo minuto vale esattamente come una rete segnata all’ultimo minuto; se, però, si entra in campo, quando i giochi sono più o meno fatti è difficile poi recuperare il risultato. Terza cosa: in Europa si iniziano a porre le basi per la Programmazione 2021-2027, mentre da noi siamo ancora alle prese con la certificazione delle spese della Programmazione 2007-2013 ed abbiamo appena messo in cantiere le prime iniziative della Programmazione 2014-2020. Siamo in affanno e non è oggettivamente una novità. Ora, però, le regole si stanno facendo più stringenti, per cui se prima la tendenza era di quella di concedere qualche deroga temporale, ora è quella di tagliare le risorse, con grave pregiudizio per il territorio e il sistema produttivo. Insomma, Bruxelles si muove e Roma non può restare in attesa.