di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

In questa settimana antecedente alla Pasqua siamo stati costretti ad assistere ad una vera e propria via crucis di vite stroncate nello svolgimento del proprio lavoro. È ancora forte l’eco del terribile incidente di Livorno, avvenuto il 28 marzo scorso e costato la vita a due operai, Lorenzo Mazzoni di 25 anni e Nunzio Viola di 52, morti in seguito ad un’esplosione mentre si occupavano della bonifica di un serbatoio. Ieri altri due casi. Uno a Bologna, dove Carmine Cerullo, 56 anni, è stato folgorato mentre interveniva sulla manutenzione elettrica della linea ferroviaria Bologna-Venezia. L’altro a San Godenzo in Mugello, dove Nunzio Industria, 52 anni, è caduto da un’altezza di circa quattro metri mentre stava lavorando a un traliccio della Vodafone. Solo per ricordare i più recenti. L’Osservatorio Indipendente sulle morti sul lavoro di Bologna ha calcolato che dal 1° gennaio 2018 si sono verificati nel nostro Paese ben 147 incidenti mortali sui luoghi di lavoro, senza considerare quelli avvenuti in itinere, le malattie professionali, gli infortuni con esiti non fatali, ma che comunque provocano danni permanenti o temporanei ai lavoratori. La tendenza dello scorso anno segna una lieve diminuzione complessiva delle denunce di infortunio in occasione di lavoro, 635.433, in calo dello 0,2% rispetto al 2016, un aumento del 2,8% degli incidenti nel tragitto casa-lavoro, un aumento dell’1,1% degli incidenti mortali, che nel 2017 sono stati 1.029. Una strage continua e fin troppo silenziosa, che dovrebbe invece essere ricordata con forza per mettere le strategie e le proposte per una maggiore tutela della sicurezza sul lavoro al centro del dibattito politico. A dieci anni dall’emanazione del Testo Unico su salute e sicurezza,  occorre una riflessione sulla situazione attuale che tenga conto dei profondi cambiamenti economici e sociali intervenuti in questo periodo. Il dilagare della crisi economica ha ridotto gli investimenti delle aziende nella modernizzazione di impianti e attrezzature. La disoccupazione e la precarietà hanno reso più vulnerabili i lavoratori, disposti ad accettare mansioni poco sicure pur di lavorare, impiegati in compiti flessibili, con i quali hanno poca dimestichezza. Le riforme pensionistiche, con i lavoratori anziani naturalmente più a rischio di incidenti. I tagli alla spesa pubblica che hanno depotenziato l’intero sistema di controllo. Negli ultimi anni a causa del calo significativo dell’occupazione era sceso anche il numero degli incidenti gettando fumo negli occhi sullo stato della sicurezza sul lavoro, ma ora, nonostante una ripresa ancora debole, con l’aumento del numero degli occupati il trend è tornato a crescere. È arrivato il momento di riprendere una seria ed approfondita discussione su quali misure mettere in campo per fermare finalmente questa strage.