Lo strumento, nonostante il nome non propriamente accattivante, Isopensione, esiste da tempo, la domanda è se, finalmente, le aziende hanno compreso che proprio questa può essere la via per uscire dall’impasse generata dalla riforma della previdenza targata Monti-Fornero, gestendo, allo stesso tempo, in maniera responsabile i cambiamenti produttivi. In parole povere, l’impresa si accorda con le organizzazione sindacali per una gestione intelligente degli esuberi, attraverso quello che in passato si sarebbe chiamato scivolo. Il lavoratore esce dal ciclo produttivo, mentre l’azienda si impegna a versare l’equivalente di quanto spettante in caso di pensionamento. Da qui il termine Isopensione. Tale impegno, nel triennio 2018-2020, può arrivare fino a sette anni, in luogo dei quattro anni ordinari previsti dalla legge 92 del 2012 (anche in questo caso, ritorna la Fornero, essendo la sua riforma del lavoro). L’ultima azienda ad applicare l’articolo 4 della citata legge è stata Leonardo che ha sottoscritto un’intesa con le organizzazioni sindacali per accompagnare al pensionamento 1.100 dipendenti, un accordo secondo soltanto a quello peraltro spalmato su più anni firmato in Enel. Il dipendente in Isopensione ha diritto a percepire l’equivalente dell’assegno pensionistico per tredici mensilità. Lo strumento non è utilizzabile in tutte le tipologie aziendali, ma soltanto in quelle che occupano oltre quindici dipendenti.