di Caterina Mangia

«La vita sarebbe tragica se non fosse divertente».
Stephen Hawking era innamorato dell’esistenza. Tanto da arrivare a spegnere la 76esima candelina, nonostante i medici gli avessero prospettato, quando era 21enne, una fine precocissima.
Oggi il mondo piange lo scienziato e l’uomo, che si è spento nella sua casa di Cambridge: morto lo stesso giorno del compleanno di Einstein e nato l’8 dicembre, data di decesso di Galileo Galilei, Hawking sdrammatizzava con ironia e acume chiunque sottolineasse le “coincidenze” che legavano la sua vita a quella dei suoi geniali corrispettivi storici. Ma per una tragica e “magica” ironia del cosmo, la giornata odierna è anche dedicata a una delle più famose costanti matematiche, il Pi greco.
Pigro e svogliato da piccolo, tanto da imparare a leggere all’età di otto anni, Hawking è invece riuscito, crescendo, a dare al mondo un esempio di tenacia, coraggio, energia, curiosità, intelligenza e spirito. Paradossalmente e dolorosamente, è stato proprio il momento in cui ha scoperto di avere la Sla il punto di svolta che ha permesso alla sua personalità di “sbocciare”: in quell’attimo, ha spiegato, «ogni cosa è cambiata. Quando hai di fronte l’eventualità di una morte precoce, realizzi tutte le cose che vorresti fare e che la vita deve essere vissuta a pieno». «La prospettiva di una morte prematura ebbe un effetto meraviglioso sulla mia mente», ebbe a dire con il suo caratteristico mix di leggerezza e profondità.
Lungi dall’arrendersi a una malattia che lo ha immobilizzato e costretto a comunicare tramite una sedia a rotelle dotata di un sintetizzatore vocale, lo scienziato ha vissuto una vita piena e significativa, arrivando con la mente molto al di là di dove lo avrebbe portato il corpo: ha avuto due mogli e tre figli e ha “scatenato” intelletto e fantasia fino a scandagliare i più insondabili e complessi misteri del cosmo.  Membro della Royal Society dalla giovane età di 32 anni, Hawking ha occupato per trent’anni la cattedra di matematica a Cambridge, la stessa in cui insegnò Isaac Newton, entrando a pieno titolo nell’olimpo dei grandi scienziati.
Le sue ricerche sui buchi neri, che all’inizio erano considerati mere ipotesi epistemologiche e oggi sono oggetto di osservazioni verificabili, hanno portato a conclusioni affascinanti, confermando la teoria del Big Bang e aprendo la strada a tesi accattivanti, secondo cui l’attuale universo potrebbe essere nato da una serie di “esplosioni originarie” che hanno dato vita a mondi alternativi al nostro, ma che sono progressivamente scomparsi.
Il sogno nel cassetto di Hawking è sempre stato quello di riunire diversi paradigmi scientifici apparentemente incompatibili tra loro in un unico sistema coerente. Non a caso il film di James Marsh sulla sua vita si intitola  “La teoria del tutto”.
Oggi è il mondo intero a ricordare il suo ultimo, più grande astrofisico, il cui esempio ammaliava e incoraggiava un pubblico vastissimo: «Ricordatevi di guardare le stelle e non i vostri piedi. Per quanto difficile possa essere la vita, c’è sempre qualcosa che è possibile fare e in cui si può riuscire».