di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

In occasione dell’8 marzo, giornata internazionale della donna, è necessario ribadire che ancora non è stata realizzata un’effettiva parità fra le «due metà del cielo». Le disparità permangono, evidenti, nella società, in politica, sul lavoro e le battaglie da portare avanti sono tante, da quella culturale a quella della sicurezza, ad esempio. Una delle più importanti è quella da combattere nel mondo del lavoro. In primo luogo perché avere un lavoro in grado di garantire autonomia economica e quindi indipendenza è l’essenziale precondizione per una concreta parità. Ed anche perché offrire alla donna un inserimento equo nel mondo del lavoro che sia basato esclusivamente sul merito e sulle competenze è garanzia – per tutti – di crescita economica e di giustizia sociale. L’approccio dell’Ugl – l’altro sindacato – alla questione femminile è sempre stato imperniato sull’obiettivo di una piena parità nel rispetto delle specificità. Garantire parità significa, per noi, giungere ad una completa integrazione, quantitativa e qualitativa, delle donne nel mondo del lavoro senza chiedere loro di snaturare se stesse. Per questo abbiamo sempre ritenuto basilare la conciliazione, perché la realizzazione professionale non deve porsi in alternativa rispetto alla vita familiare e la donna deve poter compiere in piena libertà le proprie scelte di vita senza che ciò influisca sul proprio inserimento, permanenza e progressione nel mondo del lavoro. Ancora oggi, invece, disoccupazione ed inattività femminile, divario retributivo, minore avanzamento di carriera, soffitto di cristallo sono determinati – essenzialmente – dalla inconciliabilità fra lavoro e famiglia. Ancora oggi le donne sono costrette a scegliere fra lavoro e famiglia a causa di un’impostazione antiquata e discriminatoria che permane nell’organizzazione del lavoro e che persiste anche, nonostante alcuni progressi, nelle politiche pubbliche. All’interno delle aziende si continua a puntare troppo sulla disponibilità oraria piuttosto che sull’effettiva produttività a scapito delle donne e per questo occorre maggiore impegno per la diffusione di pratiche di conciliazione – ancora poco conosciute, applicate, valorizzate ed incentivate – che avrebbero il pregio di avvantaggiare sia le aziende che lavoratori, mediante una gestione del lavoro non solo più soddisfacente ma anche più efficiente. Dal punto di vista delle politiche pubbliche occorre un welfare – dal sistema pensionistico alla strutturazione dei servizi, al fisco – che sia in grado di riconoscere e tutelare meglio il ruolo sociale delle donne che svolgono anche l’attività di cura dei figli e dei familiari. Al di là degli slogan e delle celebrazioni di rito, occorrono quindi atti concreti per rendere effettivamente paritaria la condizione della donna nel mondo del lavoro e nella società.