di Alessandro Di Stefano
Segretario Nazionale dell’Ugl Funzione Pubblica

Il mese di febbraio sarebbe dovuto essere per noi dipendenti pubblici il mese del riscatto dall’immobilità economica dovuta al decennale mancato rinnovo del nostro contratto di lavoro.
Invece di trovare il campo dei numeri positivi, ci siamo ritrovati il campo negativo, come pronosticato già da tempo dall’Ugl Funzione Pubblica, della disfatta della politica sindacale degli ultimi anni. Infatti non solo la miseria degli aumenti stipendiali, che certamente non vanno a compensare la perdita del valore d’acquisto del nostro salario, non avrebbe riportato la serenità nel nostro lavoro in tutela della distribuzione dei servizi al cittadino e quindi allo stato sociale, ma il conguaglio fiscale e previdenziale caricato nell’attuale mensilità, ci riporta alla mente la dura realtà di quanto il nostro lavoro sia ostaggio dell’insignificante, se non dannosa, politica dell’attuale maggioranza e dell’asservimento dei sindacati firmatari del indecente rinnovo del nostro contratto.
Cosa rimane dunque a noi statali? L’amaro in bocca, i conti in rosso, le finanziarie e i vari balzelli ancora da pagare al tanto amato stato.
Così è certo non si può continuare.
Che ci dica il nostro datore di lavoro, il Governo, se abbia ancora intenzione di avere dei dipendenti al servizio della pubblica amministrazione, di dar loro credito, di permettergli di svolgere il proprio lavoro in serenità, efficacia e imparzialità.

Senza maramaldeggiare con i soliti noti sindacati, facendo finta di riformare e pensando a tutt’altro : lo smantellamento di tutto l’apparato statale.
E lo dica subito!
Perché, ahimè, ancora c’è qualcuno di noi che crede nella assoluta necessità del nostro mestiere quale strumento findamentale allo sviluppo e alla felicità in genere della nostra Italia.