di Caterina Mangia

La carta stampata ha dieci anni di vita, almeno quella del New York Times.
L’infausta prognosi arriva nientemeno dal ceo del giornale, Mark Thompson, il quale ha riferito alla Cnbc che due lustri è «quanto possiamo prevedere in Usa per i nostri prodotti stampati».
Mettendo da parte le possibili nostalgie legate ai giornali di carta,  Thompson ha ammesso che «potrebbe arrivare un momento in cui i dati economici di un giornale stampato non abbiano più senso per noi». Il piano del Nyt, ha proseguito, è quello di «rafforzare il business del digitale, in modo da avere una società di crescente successo molto tempo dopo che sarà finita l’epoca della stampa».
Se persino una delle realtà giornalistiche più prestigiose del mondo mette in conto di non andare più in edicola, forse si sta avvicinando davvero il momento in cui quotidiani cartacei soccomberanno completamente all’era digitale. I segnali già ci sono: uno studio condotto recentemente da R&S Mediobanca sui nove principali gruppi editoriali italiani attesta che la diffusione della carta stampata è calata del 33,3% negli ultimi cinque anni.
A scagliarsi contro il digitale, e in particolare contro Facebook, è Sergio Dàvila, il direttore del più grande quotidiano del Brasile, Folha de S.Paolo: l’avvio delle nuove impostazioni del social network, che fa visualizzare principalmente i post delle persone più vicine ai diversi profili, a parere di Dàvila «rafforza la tendenza dell’utente a consumare sempre più contenuti con cui ha affinità, favorendo la creazione di bolle di opinioni e convinzioni e la propagazione di notizie false». Per protesta, il direttore ha smesso di aggiornare le notizie sulla pagina Facebook del giornale.