di Caterina Mangia

Dalla rivoluzione di coscienza alla “Caccia alle streghe” il passo, a volte, è breve.
In un crescendo di popolarità e  voga, il movimento #Metoo, le cui conseguenze si sono in questi giorni abbattute sulla Formula 1 che ha detto “addio” alle ombrelline, è arrivato a influenzare anche l’arte.
E’ il caso del quadro “Hylas and the Nymphs”, uscito dal pennello del famoso pittore preraffaellita John William Waterhouse: la Manchester Art Gallery ha deciso di rimuoverlo dalle sue sale.
Al posto del dipinto –  una tela che ritrae morbide ninfe intente a “rapire”  il bellissimo Ilo, prediletto di Eracle – figura uno spazio vuoto, messo a disposizione dalla galleria per «generare un dibattito su come esponiamo e interpretiamo le opere della collezione pubblica di Manchester». La domanda che è stata posta al pubblico è la seguente: le nudità e l’erotismo esposti nell’opera possono essere considerati offensivi per la sensibilità di questo periodo storico?
La parete lasciata libera si è in breve tempo ricoperta di post-it, quasi tutti polemici con la scelta di rimuovere il quadro.
Intervistato dal Guardian, l’artista Michael Browne, che ha partecipato all’evento durante il quale il quadro è stato rimosso, ha espresso preoccupazione per il fatto che il passato possa essere cancellato: «Se passa questa linea, anche altri dipinti storici che giacciono nei sotterranei della galleria, o in altri musei, potrebbero essere considerati offensivi e non vedere mai la luce».
La curatrice della galleria, Clare Gannaway, si è difesa: la rimozione non voleva essere un atto di censura, ma una provocazione intellettuale.
Meglio ancora: forse si è trattato di un’abilissima operazione di marketing: in queste ore tutto il mondo parla del quadro e della Manchester Art Gallery.