di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

C’è un convitato di pietra che incombe sulla campagna elettorale, il cui nome si intreccia in modo sempre più frequente e sempre più palese con le faccende politiche italiane maggiormente scottanti, soprattutto nel suo campo d’azione naturale, quello del centrosinistra. Lo spettro in questione è quello di Carlo De Benedetti, a suo tempo definitosi con una battuta «la tessera numero 1 del Pd». Ieri l’Ingegnere, intervenuto ad Otto e Mezzo, ha pensato bene di rimproverare lo storico direttore de La Repubblica, Eugenio Scalfari, reo a suo avviso di ingratitudine e colpevole di aver affermato di preferire, nell’eventualità di dover scegliere fra i due il prossimo o premier italiano, Silvio Berlusconi a Luigi Di Maio. Una semplice battuta dell’anziano giornalista, ampiamente noto per la propria avversione alla destra in genere ed a Berlusconi in particolare, che però non è passata inosservata né è stata perdonata, scatenando un vespaio di polemiche fra la famiglia De Benedetti ed il Gruppo Gedi, editore di Repubblica, da un lato, Eugenio Scalfari e la redazione del giornale dall’altro. L’Ingegnere, che comunque ribadisce di non fare politica, nel frattempo risulta al  centro di vicende complesse: dalla crisi del Monte dei Paschi, di cui la Sorgenia fondata dallo stesso De Benedetti è il primo debitore con un’esposizione per 319 milioni di euro, alla triangolazione di contatti fra lo stesso De Benedetti, l’allora premier Renzi ed il consulente finanziario Bolengo in merito al decreto di riforma delle banche popolari con il conseguente avvio di un’operazione fruttata una plusvalenza di 600 mila euro, in uno scivoloso terreno di contatti inopportuni e mutuo aiuto fra il Pd ed i suoi governi e gli interessi economici privati dell’imprenditore. Un personaggio senz’altro in grado di esercitare una pesante influenza sul Partito Democratico, anche grazie alla sua veste di editore delle più significative testate indipendenti della sinistra, La Repubblica e L’Espresso, e che ha svolto un ruolo significativo nell’ambito delle trasformazioni politiche ed ideologiche del mondo della sinistra italiana in generale e del Pd. Ma anche nel campo degli intrecci, non sempre cristallini, fra politica ed economia. Di pochi giorni fa la notizia del processo d’appello nei confronti dei manager e dei dirigenti già condannati in primo grado per le morti da amianto alla Olivetti. Ebbene, ieri ha voluto ribadire di persona alla Gruber il proprio ruolo suggerendo le risposte giuste da dare, quelle che Scalfari non ha prontamente dato e per cui deve pagare pegno di lesa maestà. «Tra Berlusconi e Di Maio meglio né l’uno né l’altro: così risponderebbe uno che non ha problemi di vanità» così avrebbe dovuto rispondere l’anziano direttore e così ha detto l’Ingegnere. E poi «alla fine voterò Pd». Non avevamo dubbi.