di Francesco Paolo Capone

Segretario Generale Ugl

Già a partire da gennaio inizieranno a scadere gli incentivi che dal 2015 hanno accompagnato le assunzioni targate Jobs Act. Si stima che nel solo mese corrente sono a rischio rinnovo oltre 80 mila posti di lavoro, tra l’altro ormai non più tutelati dall’articolo 18, mentre nel corso dell’intero 2018 più di 700 mila persone non avranno più la copertura delle agevolazioni fiscali sui propri contratti correndo il pericolo di vedersi licenziate, non contando i giovani, forse tutelati con nuovi incentivi. Insomma, stanno per venire al pettine tutti i nodi della riforma del lavoro realizzata da Renzi e dalla sinistra, con la concreta possibilità che, senza agevolazioni, molte aziende trovino più conveniente licenziare piuttosto che mantenere i lavoratori assunti col Jobs Act. Si tratta di una questione molto delicata e preoccupante, che ho denunciato oggi sul quotidiano di Belpietro «La Verità» nell’ambito di un’analisi dettagliata realizzata dal giornale sui possibili effetti della sospensione delle agevolazioni fiscali che hanno falsato il mercato del lavoro creando una bolla occupazionale destinata, purtroppo, ad esplodere a breve. Un aumento del tasso di occupazione «dopato» con gli incentivi che di fatto ha favorito la precarietà, rendendo sempre più flessibile il mercato del lavoro. In totale assenza di autentiche politiche industriali, infrastrutturali e fiscali finalizzate ad una reale ripresa economica e quindi alla competitività delle imprese ed all’occupazione stabile e di qualità, è cresciuta solo l’economia dei «lavoretti» ed ora che gli incentivi sono in scadenza il rischio è altissimo. A farne le spese saranno soprattutto le professioni meno qualificate e quindi i lavoratori più facilmente sostituibili in un sistema ormai fondato su un lavoro di bassa qualità, poco retribuito e vulnerabile. Non solo a danno dei lavoratori stessi, ma anche delle imprese e dell’intero sistema economico che con un simile impianto privo di investimenti mirati su formazione professionale e specializzazione del lavoro, non può che pagare le spese, come già avvenuto, in termini di produttività e di competitività. L’economia dell’era post-industriale ci era stata presentata come agile, dinamica e basata sulla conoscenza, la realtà parla invece di depauperamento dei diritti, dei salari, delle competenze e delle professionalità in un gioco al ribasso che danneggia tutta la società. Questa è l’eredità che ci ha consegnato la sinistra e che manifesterà a breve, in modo purtroppo drammatico, i suoi effetti. Sarà compito della nuova maggioranza che uscirà dalle urne tentare di arginare gli effetti nefasti delle misure a corto raggio, dei bonus e degli incentivi, nell’auspicio di un governo di centrodestra che sappia mettere in campo una solida politica economica ed occupazionale per una vera ripresa.