di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Già dai primi giorni del 2018, qualsiasi dato economico è stato enfatizzato dalla narrazione renziana per dimostrare l’efficacia delle politiche del leader del Pd, portate poi avanti con pedissequa fedeltà dal governo Gentiloni.
Oggi si parla di posti di lavoro: tasso di occupazione al 58,4% e +65 mila lavoratori, pari ad uno 0,3% in più rispetto al mese di ottobre. Immediata la retorica di chi sta al governo e lo sostiene. La truppa si è scatenata sui mezzi di informazione con in testa Renzi– «In campagna elettorale contano i risultati, non le promesse»; «da febbraio 2014 1.029.000 posti di lavoro in più» –, superato nell’enfasi addirittura da Gentiloni il quale, rispetto a domenica scorsa, oggi ha preferito approfittare anche lui della «girandola delle illusioni» («Il numero di occupati ha raggiunto il livello più alto da 40 anni»). Ha solo senso matematico, statistico, ma non economico e soprattutto politico confrontare gli occupati di un sistema non più esistente con quello attuale. Vantarsi di aver creato circa un milione di posti di lavoro, quando la maggior parte di essi sono contratti a tempo determinato, nonché passati da una fattispecie contrattuale ad un’altra, significa esaltare il nulla. Anzi, significa gloriarsi di una riforma che in realtà ha fallito perché non ha raggiunto gli obiettivi prefissati – soprattutto a vantaggio dei giovani –, obiettivi tra i quali, il più grave, è stato quello di aver cancellato fondamentali diritti per incentivare la creazione di occupazione stabile (altra contraddizione in termini), mentre gli imprenditori continuano ad assumere a  tempo determinato.
In questa landa desolata del lavoro che non c’è e del lavoro che c’è ma è breve, si innesta un’altra occasione totalmente mancata dai governi Renzi e Gentiloni: la riforma della legge Fornero. Una misura, quest’ultima, pagata esclusivamente da lavoratrici e lavoratori, nata per far quadrare i conti pubblici, ancora oggi a otto anni di distanza ben lontani dall’essere risanati. A poche decine di migliaia di lavoratori è stata concessa un’Ape o tutt’al più uno sconto (di tempo) pensionistico per uscire prima dal mondo del lavoro, mentre tutti gli altri, legittimamente, si aspettavano una riforma o quanto meno la fine dell’adeguamento automatico dell’età pensionabile all’aspettativa di vita.
Al di là della narrazione renziana, la verità è che dal Pd, pur in piena campagna elettorale, non arriva alcuna idea di riforma di lungo termine, nessun piano per lo sviluppo, nessuna proposta per combattere la denatalità o a sostegno della famiglia. Si barattano semmai interventi sempre più urgenti con i bonus, con gli sconti o la cancellazione del canone Rai.
Continua dunque la politica delle illusioni e degli spot, ma noi non smetteremo mai di stare con gli occhi ben aperti. E non siamo di certo soli.