Dopo aver vinto la “guerra commerciale”, con l’implosione del Ttip – il trattato transatlantico fortemente sponsorizzato dal predecessore Obama che avrebbe dovuto liberalizzare ulteriormente il mercato tra Usa e Ue – Donald Trump è passato all’attacco nella guerra internazionale delle tasse: corollario fondamentale per il mercato interno, una delle voci principali del suo “America first”. Non è ancora stata approvata, infatti, e la riforma fiscale del presidente americano ha già scatenato la reazione dei maggiori partner commerciali: Cina ma soprattutto l’Europa. Addirittura i ministri dell’Economia dei paesi Ue hanno scritto una lettera ufficiale a Steven Mnuchin, segretario americano al Tesoro, in cui si legge tutta la preoccupazione per la prosecuzione del regime certificato dal Wto. Secondo Pier Carlo Padoan, Peter Altmaier, Bruno Le Maire, Philip Hammond e Cristobal Montoro Romero, infatti, dietro i provvedimenti dell’amministrazione Trump si presenterebbero misure atte a danneggiare le aziende non statunitensi tali da mettere in discussione gli accordi fiscali internazionali. Vediamo, allora, che cosa preoccupa gli stati europei della riforma fiscale di Trump. Prima di tutto essa impone un’accisa del 20% sui pagamenti per beni e servizi a società affiliate all’estero, ovvero venduti da società straniere in territorio nazionale, tramite controllate. In questo modo, secondo gli europei, si contravverrebbe alle regole del Wto, in particolare, quelle sulla doppia tassazione delle imprese. Sotto la lente delle economie europee è finita, poi, una norma in particolare:  ovvero quella che punta a tassare i proventi derivanti dalla vendita di beni e servizi americani all’estero con aliquota del 12,5%, ovvero più bassa del 20% previsto sugli utili altrimenti maturati dalla vendita sul mercato interno. Di fatto gli Usa sosterrebbero le esportazioni con un regime fiscale agevolato, ma in contrasto – spiegano i partner europei – con i patti del commercio internazionale. Tutto questo, secondo i ministri Ue, si potrebbe tradurre in un cambio di rotta rispetto alla cooperazione «degli ultimi anni» sulle regole fiscali. Ma per Trump è proprio questo l’obiettivo: rilanciare il prodotto interno, favorendo chi produce, in barba agli equilibri degli accordi strutturali di un mercato mondiale che ha desertificato la provincia “operosa” americana. Semplicemente Donald procede – non solo sui controversi dossier di politica estera ma anche sul piano commerciale – sul mandato degli elettori: tagliare le tasse. Mentre Padoan & company.