di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

 

Lo scorso quattro dicembre il governo Renzi scommetteva sulla riforma bocciata dagli Italiani

 

È passato un anno dal referendum costituzionale che, il 4 dicembre scorso, ha visto la sonora bocciatura del tentativo di trasformazione dell’assetto politico del Paese. L’Ugl aveva a suo tempo preso una posizione forte, aderendo al comitato «Lavoratori per il No» per esprimere il dissenso del sindacato nei confronti di una riforma, quella voluta dall’allora capo del Governo Renzi e dal suo ministro Boschi, che, dietro l’alibi di una riduzione – teorica ma non pratica – dei costi della politica, avrebbe invece avuto il risultato di diminuire gli spazi di partecipazione e rappresentanza democratica, senza, peraltro, garantire nessun reale taglio delle spese inutili o eccessive. L’impianto della riforma mirava, infatti, alla «pancia» dell’elettorato, proponendo un drastico ridimensionamento del numero e del ruolo delle massime cariche pubbliche attraverso la diminuzione dei parlamentari, la completa revisione del meccanismo di nomina dei senatori, una minore autonomia delle regioni, fino alla completa abolizione del Cnel. Il Governo Renzi scommetteva, quindi, sulla disaffezione degli Italiani verso la politica, con l’intenzione di cambiare un sistema – sicuramente perfettibile – ma per giungere ad una situazione ben peggiore dell’attuale: quella di uno Stato nel quale sarebbero state limitate le possibilità per i cittadini di scegliere i propri rappresentanti e si sarebbero ridotte le occasioni di bilanciamento dei poteri. Gli Italiani, evidentemente non troppo propensi ad affidarsi a soluzioni semplicistiche e demagogiche nonostante i molti sprechi di denaro pubblico e le lentezze nella macchina legislativa – problematiche serie, vere ed importanti – hanno, giustamente, deciso di non gettare via «il bambino insieme all’acqua sporca» partecipando in massa al referendum, con un’affluenza del 65%, cifra considerevole per un simile appuntamento elettorale, e sancendo una netta vittoria dei No, con più del 59% delle preferenze espresse. Questo evento, al di là della parabola discendente del Pd a guida Renzi, ad un anno di distanza insegna che occorre sempre saper distinguere tra la giusta critica nei confronti di inadeguate gestioni delle istituzioni e l’attacco alle istituzioni stesse, onde evitare che la legittima protesta venga strumentalizzata al fine di compiere scelte di riduzione dei poteri e del ruolo della rappresentanza politica, che resta mezzo insostituibile per l’espressione della sovranità popolare.

 

Le ragioni del no

Questo evento, al di là della parabola discendente del Pd a guida Renzi, ad un anno di distanza insegna che occorre sempre saper distinguere tra la giusta critica nei confronti di inadeguate gestioni delle istituzioni e l’attacco alle istituzioni stesse, onde evitare che la legittima protesta venga strumentalizzata al fine di compiere scelte di riduzione dei poteri e del ruolo della rappresentanza politica, che resta mezzo insostituibile per l’espressione della sovranità popolare.