di Caterina Mangia

Gli studenti di tutto il mondo uniti nello studio dell’Universo.
Ieri, per il sesto anno consecutivo, è stata indetta la giornata internazionale dei raggi cosmici: gli alunni delle scuole superiori saranno stimolati a chiedersi cosa avviene nelle profondità del cosmo, così lontano eppure tutt’uno con il nostro pianeta.
Con il termine raggi, infatti, si è solito indicare il ben noto e visibile fenomeno derivante dal sole: eppure, anche le stelle, fenomeni energetici come le novae e supernovae e anche i quasar,nuclei galattici estremamente luminosi e lontani dalla Terra, emettono particelle energetiche, chiamate appunto “raggi cosmici”.
Per conoscere ed esplorare meglio questo fenomeno, gli studenti italiani e i loro corrispettivi all’estero hanno analizzato i dati di un rivelatore utilizzato dai ricercatori per riconoscere la “pioggia” di particelle provenienti dallo spazio: nel nostro Paese, sono 800 gli alunni che hanno risposto all’invito, dagli istituti scolastici di Roma, Napoli, Lecce, Bari, Padova, Perugia e Pavia. Gli studenti sono stati supportati dai ricercatori delle sezioni locali dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare nelle Università delle proprie città per misurare il flusso delle particelle secondarie che vengono emesse dal contatto dei raggi cosmici con l’atmosfera terrestre, arrivando a centinaia al livello del mare; successivamente, in una video chat collettiva hanno tenuto un confronto dei risultati ottenuti dai gruppi delle università e centri di ricerca di tutto il mondo.
Con la giornata di ieri, dunque, più giovani si sono avvicinati alla conoscenza del cosmo, delle sue meccaniche e dei suoi misteri: l’esplorazione dei raggi cosmici contribuisce a svelare la natura ultima della ‘materia oscura’, una componente ipotetica di materia non osservabile direttamente, ma di cui sarebbe intessuta gran parte del nostro affascinante e poco conosciuto universo.
Nel contesto di questo tipo di ricerca, sono stati pubblicati sulla rivista scientifica “Nature” i primi risultati dell’esperimento Dark Matter Particle Explorer (DAMPE), dal quale è emerso un fenomeno nuovo, ovvero un cambiamento dell’andamento del flusso di particelle osservato per la prima volta nello spazio e non a terra: l’anomalia è stata infatti misurata da un satellite in orbita dal 2015. «Abbiamo visto una ‘piega’, una brusca variazione», ha rilevato uno degli autori italiani della ricerca, Giovanni Ambrosi, della sezione dell’Infn presso l’universita’ di Perugia, il quale ha aggiunto che i risultati potrebbero essere legati «a una nuova fisica», il candidato più ovvio della quale è proprio la sconosciuta e affascinante materia oscura.