di Caterina Mangia

La grande domanda alla quale non sono stato in grado di rispondere, nonostante i miei trent’anni di ricerca nell’anima femminile, è: “Che cosa vuole una donna?”».
Persino il gigante del pensiero e  padre della psicanalisi, Sigmund Freud, si fermava prima di rispondere alla domanda su cosa fa felice una donna.
Eppure, potrebbe non servire una fantasia d’eccezione per capire che ciò che rende sereno e appagato il “gentil sesso” non è nulla di diverso da quello che desiderano anche gli uomini: la salute, una vita familiare serena e gestibile, e un’occupazione che permetta di mandare avanti dignitosamente il ménage quotidiano.
Tutto ciò, in Italia, cozza con la realtà femminile, che vede soltanto una donna su due occupata, ovvero, dati Istat alla mano, il 49,1% di chi è in età lavorativa: non c’è da stupirsi se tra coloro che non hanno un lavoro si diffonde la tristezza e lo sconforto, che può montare fino a raggiungere livelli patologici.
Secondo un’analisi dell’associazione “Donne e qualità della vita”, una squadra di psicologi guidata da Serenella Salomoni, una disoccupata su tre soffre di depressione: essere senza lavoro, si osserva nella ricerca, rappresenta «un handicap profondo per la propria realizzazione».
Una donna senza lavoro si sente «doppiamente in colpa nei confronti dei figli, verso i quali non si sente talvolta in grado di soddisfare le loro esigenze materiali; ma anche nei confronti del proprio marito».
Il benessere interiore delle donne, infatti,  «è compromesso per via del senso di smarrimento provocato dalla mancanza di un impiego, che definisce buona parte dell’identità di un individuo».
Molte di coloro che non hanno una realizzazione professionale, come non è difficile immaginare, soffrono di incubi notturni (30% del campione esaminato), fino ad avere episodi di attacchi di panico (17%).
Il 23 per cento soffre di sintomi di bulimia, il 7 per cento di anoressia. Nei casi peggiori, ci si rifugia nell’alcol e nella droga, in quelli migliori ci si sfoga con i social network.
La disoccupazione, si legge nel report, «colpisce il 12% delle donne italiane, un valore in calo ma pur sempre tra i peggiori d’Europa, solo dopo Spagna (19%) e Grecia (26%)».
La ricerca rende chiaro che dietro le statistiche ci sono emozioni, storie di vita, racconti interrotti, a cui la politica e la società civile devono prima o poi dare risposta, per permettere alle donne di scrivere un “lieto fine”.