«Tutti gli italiani dovrebbero sapere qual è la vera situazione economica»: sono parole che ancora oggi aleggiano nell’aria benché siano state pronunciate ben tre giorni fa dal Vicepresidente della Commissione Ue, Jyrki Katainen.
Una frase agghiacciante che smonta la narrazione di un Governo alla fine del suo mandato e che sta facendo la sua campagna elettorale su quei pochi dati positivi di cui può vantarsi, ma che, ad essere onesti, bisognerebbe attribuire al Quantitative Easing del presidente della Bce, Mario Draghi, più che alla politiche dell’esecutivo targato Gentiloni e prima ancora Renzi.
Mentre l’inquilino di Palazzo Chigi gongolava sui dati del Pil arrivati al +1,8%, trascurando altri due indici negativi quali quello dell’inflazione ancora troppo bassa e della produzione industriale crollata a settembre al -1,3%, Katainen riportava bruscamente alla realtà tutti noi e la grancassa mediatica.
Ecco perché oggi sul Corriere della Sera abbiamo letto Yoram Gutgeld, commissario alla Spending review (altro fallimento) e deputato Pd, tuonare nei confronti del Vice Commissario avvisandolo di «cambiare i toni». Ecco perché un Presidente del Consiglio, solitamente poco loquace, negli ultimi giorni sta difendendo un lavoro – forse non tutto attribuibile a lui – che fa acqua da tutte le parti: «La crescita accelera, – ha sottolineato Gentiloni – ha raddoppiato le previsioni, erano dell’0,8% la realtà sarà dell’1,8% e chi non lo vede, abbagliato dalla retorica del fanalino di coda, dovrebbe rendersi conto che non è così perché non siamo più il fanalino di coda». È vero, Jyrki Katainen è un falco tra i funzionari della Ue, uno dei “tecnocrati” più rigidi in materia di conti pubblici. È, come si direbbe, una vestale del rigore che, però, ce l’ha con i politici italiani, non con gli italiani che lavorano, pagano tasse molto salate e non vedono alcun risultato corrispondente ai sacrifici, assistendo inermi alla riduzione progressiva di servizi senza alcun miglioramento, almeno in termini di debito pubblico.
Quindi noi a chi dobbiamo credere? Sappiamo per certo, sempre da Katainen, che la Commissione europea invierà una lettera all’Italia con richiesta di chiarimenti e impegni sulla Manovra e che prenderà una decisione definitiva a maggio. Un segnale non certamente positivo per i cittadini e per chi dovesse vincere le elezioni. Un ammonimento che probabilmente la Ue avrebbe volentieri evitato alla luce del vento sovranista che spira sempre più forte in Italia.
La sovranità già limitata per qualsiasi Paese europeo, per l’Italia e per chi la governerà diventa una sovranità ipotecata con una manovra (bis) da rifare a maggio, con 12,4 miliardi di clausola di salvaguardia non più rinviabili, con il problema onnipresente e pervadente del debito pubblico, con un’inadeguata spending review e con le privatizzazioni mancate.