Il governo catalano dell’ormai deposto Carles Puigdemont ha commesso «errori di analisi» nella gestione della crisi con Madrid. Più che una critica, si tratta di un ammissione di colpa: ad  ammettere «errori di analisi» è stato Puigdemont stesso nel corso di un’intervista a Punt Avui. Dal suo esilio a Bruxelles, ha confessato che pensava che Madrid avrebbe accettato la richiesta di aprire una trattativa con il fronte indipendentista e che l’Unione europea e la Nato avrebbero frenato la «pulsione autoritaria» dell’esecutivo spagnolo. Così non è stato, però: il governo catalano è stato commissariato da Madrid – il premier Rajoy ha indetto anche nuove elezioni: i catalani saranno chiamati al voto il 21 dicembre –, alcuni suoi ministri sono in carcere mentre Puigdemont è rimasto in Belgio. Cosa intende fare il governo spagnolo, adesso? «L’unico piano che abbiamo è quello di garantire che il futuro governo catalano rispetti la legge», ha ammesso Rajoy in un’intervista al quotidiano tedesco Handelsblatt, sostenendo che «i separatisti perderanno consenso» alle prossime elezioni. I sondaggi dicono altro, in realtà: alle prossime elezioni i partiti indipendentisti dovrebbero ottenere buoni risultati. Vedremo. Nel frattempo la nave da crociera Moby Dada, che ha ospitato parte degli agenti della polizia spagnola nel pieno della crisi catalana, ha lasciato Barcellona (i poliziotti sono stati trasferiti in alcuni alberghi della Costa Brava). Mentre il ministro dell’Interno spagnolo, Juan Ignacio Zoido, ha assegnato Josep Lluis Trapero – l’ex capo dei Mossos d’Esquadra, la polizia catalana, destituito dopo il commissariamento della Catalogna e accusato di “sedizione” – a “compiti amministrativi”.