di Caterina Mangia

Novantanove anni fa, alle 15 del 4 novembre 1018, entrava in vigore l’armistizio di Villa Giusti, che poneva ufficialmente fine alla Grande Guerra e segnava l’inizio della fine per l’impero austro-ungarico, che si sarebbe progressivamente disgregato.
A un anno di distanza dalla disfatta di Caporetto,  l’Italia vinceva la prima guerra mondiale. Oggi, a quasi cento anni di distanza, l’Italia celebra la ricorrenza, con il premier Paolo Gentiloni all’Altare della Patria per festeggiare il Giorno dell’Unità Nazionale e la Giornata delle Forze Armate.
Restano ancora impresse, nella memoria storica collettiva, le gesta dell’esercito italiano che durante la battaglia del solstizio vide i soldati resistere strenuamente, sulla linea del fiume Piave, all’ultima offensiva sferrata dall’impero austroungarico: da quel momento eroico partì, il 24 ottobre del 1918, un’altrettanto valorosa controffensiva, ormai nota come la battaglia di Vittorio Veneto.
Con più di un milione di morti, l’Italia uscì ferita e cambiata dal conflitto: la Grande Guerra aveva prodotto un profondo cambiamento nel volto del Paese. Al fronte si  incontrarono e vissero insieme siciliani e veneti, campani e lombardi, in una rete di mescolanze che fece per la prima volta sentire a cittadini di regioni e dialetti diversi di essere italiani, ponendo le basi per il rafforzamento dell’identità nazionale.
Parimenti, la militarizzazione dell’economia, l’impiego di risorse femminili dovuta all’impegno degli uomini al fronte, unitamente  ai problemi relativi all’assistenza degli invalidi, delle vedove e degli orfani di guerra e alla disoccupazione dilagante dopo il conflitto, furono fattori che impressero una fondamentale accelerazione alle questioni riguardanti il Welfare, presente in maniera embrionale nell’Italia pre-bellica.
In poche parole, dal sacrificio dei soldati dell’esercito italiano e delle loro donne, restate a lavorare e a curare i feriti, dal grande stravolgimento e movimento di masse portato dalla guerra, prese vita un’Italia nuova, più problematica, forse, ma più unita, più Patria. E il Piave mormorò: “Non passa lo straniero”!