di Nazzareno Mollicone

Responsabile nazionale Ufficio Questioni Previdenziali dell’Ugl

Martedì 17 ottobre, la Fondazione del Vaticano “Migrantes” ha presentato alla “Domus Mariae” il suo “Rapporto sugli Italiani nel Mondo”, giunto alla dodicesima edizione. Il Rapporto – cui hanno collaborato molte associazioni dell’emigrazione italiana – è ricchissimo di dati complessivi ed analitici su tutti gli aspetti dell’emigrazione italiana, storica e recente, con le sue ripercussioni su previdenza, risorse finanziarie, problematiche fiscali, assistenza sociale, tutela giudiziaria, lingua e cultura italiane.

I dati generali

Gli iscritti all’AIRE (Anagrafe Italiana dei Residenti all’Estero, tenuta dal Ministero degli Interni) sono risultati, al 31 dicembre 2016, 4.973.942, corrispondenti all’8,2% dei cittadini residenti in Italia: sono equivalenti alla popolazione di una regione italiana, come il Piemonte o la Puglia. La cosa interessante da rilevare che, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, vi è stato nell’ultimo decennio un forte aumento in questa cifra: poiché nel 2006 essi erano 3.106.251, l’aumento è stato di ben il 60%! A che è dovuto questo aumento? Essenzialmente a due fattori convergenti.

Il primo è stata la grande richiesta di acquisto della cittadinanza in base alla legge vigente, quale discendente di italiani. La media annuale di acquisizioni è superiore alle 150.000 unità, ed attualmente il 38% degli iscritti all’AIRE si trova in questa condizione di nato all’estero ma di origine italiana. Il fatto che ci sia una costante e crescente richiesta di acquisizione della cittadinanza italiana, nonostante gli ostacoli ed i costi che la burocrazia italiana – spesso in modo doloso – oppone a queste richieste (basti dire che la pratica costa 300 euro, cifra che in certi Paesi corrisponde allo stipendio di oltre un mese!), indica la fiducia che ancora si ripone nell’Italia come Patria ideale al di là delle sue temporanee precarie condizioni politiche, sociali ed economiche.

L’altra motivazione dell’iscrizione all’AIRE per trasferimento di residenza all’estero è duplice. Da un lato ci sono le persone, spesso laureate o con specializzazioni, che preferiscono emigrare per cercare lavoro all’estero viste le difficoltà riscontrate in Patria. Lo scorso anno queste emigrazioni sono state 125.000, con un incremento del 15% rispetto all’anno precedente, e la metà di essi sono persone di età inferiore ai 34 anni: ma ce ne sono altre migliaia che non si registrano all’AIRE pensando che la loro lontananza sia momentanea. E’ come se ogni anno l’Italia perdesse una forza lavoro qualificata ed istruita equivalente ad una città, come Rieti ad esempio.

Vi sono poi, dall’altro lato degli espatri, gli anziani, che emigrano per molti motivi: miglior trattamento fiscale, migliori condizioni climatiche, migliore qualità della vita, desiderio di cambiare abitudini. Secondo i dati dell’INPS, questi pensionati italiani che si trasferiscono all’estero ammontano attualmente a 8.300 persone.

 

Il valore dell’emigrazione

L’emigrazione, se per certi versi è un salasso di energie giovani e qualificate, dall’altra parte apporta al nostro Paese dei vantaggi economici. Il primo, storicamente valido, è quello delle rimesse in valuta straniera, quelle che un tempo venivano chiamate le “partite invisibili” nel bilancio dello Stato, che contribuiscono ad elevare il p.i.l.: si tratta o di risparmi sul proprio lavoro inviato ai parenti rimasti in Italia per regali ed assistenza, od acquisti di beni mobili ed immobili sul territorio nazionale. Dopo aver raggiunto il picco di circa 3 miliardi di dollari nel 1980, questo flusso si era inaridito: negli ultimi anni è ripreso lentamente e lo scorso anno ha toccato i 700 milioni di dollari.

Ma a questo dato occorre aggiungere altre “partite invisibili” difficilmente calcolabili: il contributo dato dagli italiani residenti all’estero per importazioni di beni (in particolare generi alimentari e di moda) prodotti in Italia al fine di conservare le abitudini e lo stile di vita della Madrepatria, i frequenti viaggi e soggiorni per visite ai familiari o pratiche burocratiche, e tutto l’indotto realizzato dalle imprese che operano all’estero.

Da questo punto di vista, quindi, quella “regione virtuale” costituita dagli Italiani non più residenti in Patria contribuisce anch’essa, ed in modo a volte più consistente di altre, all’andamento dell’economia nazionale.

 

Le carenze governative

Agli aspetti positivi di questo panorama fanno da contrappeso le carenze della politica governativa degli ultimi anni. Dopo il periodo entusiasmante del Ministero degli Italiani nel Mondo affidato dal 2001 al 2006 al deputato del Msi Mirko Tremaglia il quale ebbe il merito di aver proposto a suo tempo la stessa istituzione dell’AIRE alla quale oggi tutti si rifanno ed altri organismi di rappresentanza e tutela degli Italiani all’estero, si è passati alla trascuratezza ed agli ostacoli. Citiamo alcuni fatti indiscutibili: si è passati dal Ministero dedicato agli Italiani nel Mondo ad un viceministro all’interno del Ministero degli Esteri, dal viceministro ad un sottosegretario con delega non esclusiva. I direttori generali dell’apposita direzione del Ministero degli Esteri sono sempre temporanei, in attesa di destinazioni ambite, ed uno di essi ha addirittura proposto che si blocchino le richieste di cittadinanza perché creano troppo lavoro! I Consolati, uffici che fungono da organi amministrativi e da notai per tutte le pratiche necessarie agli emigrati compresi i passaporti, sono stati in parte chiusi per “risparmiare” sui costi: da notare che molte volte coprono aree grandi come uno Stato, dove risiedono decine di migliaia di concittadini. Sono stati conseguentemente ridotti i “Comites”, organi di rappresentanza istituiti presso i Consolati. L’assemblea rappresentativa nazionale, il “Consiglio Generale degli Italiani all’Estero” (CGIE) è stato ridotto nelle sue funzioni, nella composizione e nel finanziamento tant’è che può riunirsi solo una volta l’anno anziché quattro-cinque com’era in precedenza. Addirittura la proposta di legge elettorale in corso di discussione consente ai cittadini residenti in Italia di candidarsi nelle “Circoscrizioni Estero” che invece erano state istituite nel 2001 appunto per far eleggere deputati e senatori in rappresentanza dei loro residenti. Ed anche le risorse finanziarie per tutte le attività connesse al sistema degli italiani all’estero sono sempre minori: cosa ancor più censurabile, visto che essi contribuiscono non solo indirettamente come abbiamo esposto ma anche direttamente quando devono svolgere alcune pratiche burocratiche presso i Consolati, a cominciare dai passaporti.

 

Una nuova politica

E’ quindi necessario che – proprio sulla base dei numerosi dati ed analisi contenute in questo Rapporto – ci sia lo stimolo per avviare una nuova politica a favore di questi connazionali i quali, pur essendo cittadini a tutti gli effetti, sembrano essere stati dimenticati per provvedere solo all’immigrazione clandestina.