di Caterina Mangia

In termini di tasso di crescita l’Italia sta certo “meglio, ma cresciamo ancora un po’ meno del resto dell’area dell’euro e non abbiamo ancora recuperato il livello del reddito pro capite che avevamo dieci anni fa”.
Lo ha dichiarato, in un colloquio con Repubblica, il direttore esecutivo del Fmi, Carlo Cottarelli, dopo che ieri il Fondo ha rivisto al rialzo la crescita dell’Italia nel World Economic Outlook: dopo il +0,9 per cento del 2016, il Pil salirà dell’1,5 nel 2016 e dell’1,1 per cento nel 2018, ovvero di 0,2 e 0,1 punti in più rispetto a quanto stimato a luglio.
Resta comunque il fatto che il trend economico italiano è uno dei meno performativi tra i Paesi del G7, perché solo il Giappone nel 2017 avrà una crescita dell’1,5 per cento, pari a quella del nostro Paese, mentre gli andamenti degli altri stati saranno più sostenuti.
Il Fmi poi segnala poi un dato peggiorativo: il debito pubblico dell’Italia, che nel 2016 si è attestato al 132,6 per cento del Prodotto interno lordo, nel 2017 sale al 133 per cento del Pil; per il 2018 si prevede invece una flessione al 131,4 per cento, per raggiungere il 120,1 per cento nel 2022.
Per quanto riguarda il deficit, subirà un calo di 0,2 punti percentuali, passando dal 2,4 per cento al 2,2 dell’anno in corso, fino a toccare l’1,3 per cento nel 2018.
“Stiamo ancora subendo le conseguenze delle crisi del 2008-09 e del 2011-12 – ha spiegato Cottarelli a Repubblica commentando i dati -, crisi causate da alcune debolezze strutturali, tra cui l’elevato debito pubblico e la perdita di competitività dei costi di produzione a partire dal 2000”.
Dal direttore esecutivo del Fmi, inoltre, una riflessione sull’economia generale, che non suona certo come una nuova constatazione, piuttosto come una consapevolezza ormai troppo volte ripetuta ma a cui non si pone rimedio: “Un aumento di salari e stipendi della classe media porterebbe a una distribuzione del reddito meno squilibrata e ridurrebbe la necessità di indebitamento della classe media. Ma globalizzazione e sviluppo tecnologico tendono a spostare la distribuzione del reddito verso il capitale. Non sarà facilissimo correggere queste tendenze”.