di Claudia Tarantino

Nonostante i minimi storici delle nascite che si registrano nel nostro Paese ormai dal 2008, sembra che la cura dei bambini non sia più di pertinenza esclusiva delle mamme.

Da un lato, infatti, si nota un aumento significativo della richiesta di congedi parentali da parte dei papà: è addirittura raddoppiata la percentuale di chi ne usufruisce dopo la maternità obbligatoria della madre, dal 7% del 2008 al 15% del 2015.

Dall’altra, invece, il boom di domande pervenute all’Inps per ottenere il contributo per l’asilo nido (quasi 65 mila a 20 giorni dalla data di avvio della procedura) dimostrerebbe, oltre alla necessità economica di far fronte ad una spesa che incide fortemente sul reddito familiare, anche l’aumentata richiesta dei genitori di un servizio che li aiuti ad accudire i figli mentre sono a lavoro.

Ma andiamo con ordine. Innanzitutto, l’indicatore dei congedi parentali presi dai genitori di sesso maschile rileva che nel 2015 sono stati 44.400 i ‘papà babysitter’ contro i 19.586 del 2008, un numero quindi che avvicina l’Italia all’Europa, nonostante il grande divario ancora esistente tra gli Stati membri proprio su queste tematiche.

Basti confrontare i dati sulla ‘spesa’ per congedi parentali, misurata in percentuale del prodotto interno lordo pro-capite per ogni nato: in Italia il contributo si ferma al 19%, rispetto al 29% di Gran Bretagna, 27% di Germania, 24 % della Francia e 21% della Spagna.

Ma non siamo neanche i peggiori, perché il fanalino di coda è rappresentato dall’Irlanda con il 7%. Siamo, però, lontanissimi dai Paesi in vetta alla classifica, come Repubblica Ceca, Ungheria e Paesi Scandinavi, che raggiungono invidiabili percentuali di oltre il 50%.

Secondo una ricerca di UHY Italy, network che raggruppa società di consulenza fiscale, revisione e consulenza del lavoro, “in Italia negli ultimi 8 anni fra i lavoratori dipendenti sono stati oltre 240.000 i padri che hanno beneficiato del congedo parentale, contro quasi 2 milioni di donne”. Nonostante il calo delle nascite, il numero annuale di permessi è quindi cresciuto nel tempo, “passando da 263.000 del 2008 ai quasi 300.000 del 2015”.

Sempre secondo la ricerca, usufruiscono dei permessi soprattutto i genitori più maturi: due terzi dei lavoratori dipendenti che nel 2015 hanno fruito del congedo parentale, infatti, “ha un’età fra 30 e 39 anni, mentre un quarto del totale, oltre 79 mila, è rappresentato dagli ultraquarantenni. In diminuzione, invece, le coppie sotto i 30 anni che beneficiano dei permessi: 31.954 nel 2015, rispetto a 34.601 del 2014”.

Questo aspetto, in realtà, non stupisce più di tanto se si tiene conto che ormai l’età media in cui si concepisce un figlio è ben al di sopra dei 30 anni, principalmente perché una coppia aspetta di raggiungere una certa ‘stabilità’ economica e lavorativa prima di metter su famiglia che, tuttavia, tarda ad arrivare. E si può facilmente comprendere quanto sia elevata l’incidenza della disoccupazione giovanile su tale scelta.

Tornando, invece, al ‘Bonus asili nido’, l’Inps ha reso noto che “il budget totale impegnato” a venti giorni dall’inizio della procedura, “è pari a 35.781.328,81 euro, su un plafond complessivo di 144 milioni di euro assegnati per l’anno 2017”.

Risulta abbastanza chiaro che, di questo passo, le risorse saranno presto esaurite e chi non avrà fatto in tempo ad inoltrare la richiesta sarà escluso dalla prestazione.

D’altronde, che si trattasse di un budget inadeguato lo si era capito fin dalla presentazione del servizio, così come troppo esigue sono le risorse stanziate dal Governo anche per altri strumenti, ad esempio il premio per le nascite, che anziché offrire un reale ‘sostegno’ al reddito delle neo famiglie rischiano, invece, di creare solo illusioni.