di Claudia Tarantino

Dopo poco più di una settimana dalla diffusione del dossier ‘Piccoli Schiavi Invisibili – 2017’ di Save the Children sui fenomeni della tratta e dello sfruttamento dei minori, arriva anche il report statistico del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali a confermare che “sono in costante aumento i minori stranieri non accompagnati presenti in Italia: 17.864 al 30 giugno scorso” e a lanciare l’allarme sul fatto che “troppo spesso l’accoglienza non sembra essere impostata all’accompagnamento e all’integrazione, ma piuttosto relegata al soddisfacimento dei bisogni primari, se non in alcuni casi agli aspetti di puro business”.

Ed è la stessa commissione parlamentare, in una relazione, a confermare che sull’accoglienza ci sono “segnali positivi, ma ancora lacune da colmare”, soprattutto per “la carenza di centri dedicati ad una categoria vulnerabile per definizione”.

Così, mentre ancora si tenta di mettere a regime un sistema di accoglienza, che sia innanzitutto uniforme e che chiami tutte le Regioni a svolgere un ruolo di prima linea, sono tuttora troppi i minori non accompagnati che, giunti nel nostro Paese attraverso viaggi rischiosi e nelle condizioni disumane che ormai conosciamo, diventano poi ‘irreperibili’, perché ‘sfuggono’ nel passaggio dalla prima alla seconda accoglienza e finiscono nelle mani di aguzzini che approfittano della loro vulnerabilità per lucrare su di essi, principalmente attraverso lo sfruttamento sessuale e lavorativo.

Il report del ministero, infatti, riporta che sono 10.488 i minori che risultano nelle strutture del sistema di accoglienza, ma sono solo “il 65,8% dei minori presenti sul territorio italiano”, degli altri non c’è traccia.

 

Il sistema di accoglienza non è uniforme

La relazione della commissione parlamentare spiega che “la prima accoglienza consente la presa in carico del minore dal momento del suo arrivo sul territorio nazionale, fino ad un massimo di 60 giorni, per garantirgli servizi specialistici finalizzati al successivo trasferimento nei centri di secondo livello. La seconda accoglienza, prevista prioritariamente nell’ambito del Sistema per richiedenti asilo e rifugiati, fornisce al minore, in misura graduale e attraverso progetti individuali che tengono conto del suo vissuto e delle sue attitudini, gli strumenti per raggiungere la piena autonomia lavorativa, sociale e culturale”.

In assenza di una strategia uniforme, però, non si rischia solo “il protrarsi del periodo di permanenza nei centri”, ma anche una forte “stratificazione e frammentazione delle tipologie di accoglienza, una scarsa attenzione agli aspetti ‘qualitativi’ delle condizioni di accoglienza nelle strutture, in particolare in relazione ai servizi finalizzati all’integrazione”.

Inoltre, “il passaggio tra le diverse forme di accoglienza continua ad avvenire in maniera stentata e difficoltosa con evidenti limiti nel coordinamento e nella condivisione delle prassi”.

 

Le Regioni chiamate a ruolo chiave

Secondo la commissione parlamentare “le Regioni, per le loro funzioni istituzionali e per la loro vicinanza territoriale, potrebbero svolgere un ruolo chiave ed emblematico nel contribuire a risolvere le maggiori criticità  del settore legate a qualità dell’accoglienza, strutturazione di attività  di integrazione, ma anche coordinamento complessivo del sistema”.

Il riferimento è principalmente alla promozione di “iniziative propedeutiche alla piena integrazione, quali l’organizzazione di corsi di orientamento civico, attività  finalizzate all’individuazione di possibili forme di incontro tra domanda e offerta di lavoro, attenzione all’aggiornamento professionale, anche per accompagnare il minore verso una collocazione lavorativa sicura ed adeguata alle sue risorse personali”.

 

Chi sono i minori che arrivano in Italia

Secondo il rapporto del dicastero, tra i minori che arrivano nel nostro Paese, “i maschi sono in netta maggioranza, 16.655, il 93,2 per cento, contro 1.209 femmine, pari al 6,8 per cento”. Per quanto riguarda invece le fasce di età, “10.701, pari al 59,9 per cento, risultano avere 17 anni; 4.227, il 23,7 per cento, 16 anni; 1.687, 9,4 per cento, 15 anni”. Inoltre, sono “1.157, il 6,5 per cento, i minori di età compresa tra 7 e 14 anni e 92, lo 0,5 per cento, quelli tra zero e 6 anni”.

 

Le nazioni di provenienza

Il numero più alto di arrivi giunge dal Gambia che, con 2.474 minori, il 13,8 per cento del totale, guida la classifica delle nazioni di provenienza, seguito, tra le prime venti, da “Egitto (2.093, 11,7%), Guinea (1.656, 9,3%), Albania (1.639, 9,2%), Nigeria (1.429, 8%), Costa d’Avorio (1.284, 7,2%), Eritrea (1.106, 6,2%), Bangladesh (1.039, 5,8%), Senegal (949, 5,3%), Mali (928, 5,2%), Somalia (700, 3,9%), Pakistan (342, 1,9%), Ghana (338, 1,9%), Afghanistan (315, 1,8%), Kosovo (277, 1,6%), Marocco (245, 1,4%), Sudan (114, 0,6%), Sierra Leone (100, 0,6%), Camerun (86, 0,5%), Burkina Faso (83, 0,5%)”.

Per quanto riguarda le minori, invece, quasi la metà (565, il 46,7 per cento), proviene dalla Nigeria e, purtroppo, come aveva confermato il dossier di  Save the Children, la maggior parte vengono“condotte qui con l’inganno e costrette a prostituirsi”.

 

La ripartizione dell’accoglienza

Per quanto riguarda invece la ripartizione dell’accoglienza presentata nel report statistico del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, la classifica vede nell’ordine: “Sicilia 7.616 (42,6 per cento); Calabria 1.744 (9,8%); Lombardia 1.073 (6%); Emilia Romagna 1.073 (6%); Lazio 882 (4,9%); Campania 826 (4,6%); Puglia 795 (4,5%); Sardegna 768 (4,3%); Toscana 602 (3,4%); Friuli Venezia Giulia 595 (3,3%); Piemonte 513 (2,9%); Veneto 315 (1,8%); Liguria 250 (1,4%); Basilicata 245 (1,4%); Marche 189 (1,1%); Molise 113 (0,6%); Provincia Bolzano 96 (0,5%); Abruzzo 96 (0,5%); Provincia Trento 52 (0,3%); Umbria 18 (0,1%); Val d’Aosta 3”.