di C.M.

A gennaio-maggio del 2017 nel privato l’occupazione cresce, ma non illudiamoci: quella “vera” cala. Sempre che si possa parlare di occupazione “vera” e “stabile” ai tempi del Jobs act e del contratto a tutele crescenti.
E’ questo, in sintesi, quanto emerge da una ricerca dell’Osservatorio sul precariato dell’Inps: i numeri relativi a maggio attestano, nei primi cinque mesi dell’anno in corso, nel settore privato, un saldo positivo assunzioni-cessazioni di 729mila, superiore a quello degli stessi mesi del 2016 e del 2015, in cui si registrava un rispettivamente un “più” 554mila e 645mila. Le assunzioni nel comparto privato sembrerebbero dunque in aumento: si parla di una cifra di 2milioni 736mila nei primi cinque mesi del 2017, in crescita del 16 per cento rispetto a gennaio-maggio 2016: ma c’è un “ma”, ed è grande.
L’incremento delle assunzioni, infatti, deriva principalmente dalle assunzioni a tempo determinato, che salgono del 23 per cento, mentre quelle a tempo indeterminato sono in calo del 5,5 per cento. Nonostante, quindi, con il Jobs act si siano trasformati i “vecchi” contratti stabili in lavori certi solo sulla carta, sacrificando i diritti sull’altare di un auspicato incremento dell’occupazione a tempo indeterminato, quest’ultima diminuisce. A gennaio-maggio 2017 sono anche in calo le stabilizzazioni, che vanno giù dell’1,8 per cento rispetto allo stesso periodo del 2016.
Nei primi cinque mesi del 2017, inoltre, secondo l’Osservatorio sul precariato dell’Inps si è registrata “un’ulteriore riduzione dell’incidenza dei contratti a tempo indeterminato sul totale delle assunzioni (25,9 per cento) rispetto ai picchi raggiunti nel 2015 quando era in vigore l’esonero contributivo triennale per i contratti a tempo
indeterminato” e per lo stesso periodo si registrava un 40,7 per cento di nuovi contratti a tempo indeterminato. La drastica riduzione dei diritti conseguente al Jobs act quindi non è quindi servita a incrementare l’occupazione, forse soltanto gli sgravi fiscali alle aziende sono serviti da temporaneo e contingente stimolo: risorse a pioggia inefficaci per un aumento strutturale dell’occupazione.
Il vero e proprio boom riguarda invece lavoro a chiamata a tempo determinato che, secondo l’Osservatorio sul precariato dell’Inps, è in “crescita vigorosa”, registrando un “più” 116,8 per cento, probabilmente per effetto della necessità di trovare “sostitutivi dei voucher” che sono stati eliminati a marzo.
Ad aumentare, dunque, più che l’occupazione è la precarizzazione.
Per quanto riguarda il saldo annualizzato assunzioni-cessazioni, a maggio risulta positivo di 497mila, ma “tale risultato – si legge sul sito dell’Inps – cumula la crescita tendenziale dei contratti a tempo indeterminato”, che è salita di 21mila, con quella dei contratti di apprendistato e a tempo determinato (inclusi i contratti stagionali e i contratti di somministrazione), che registrano un incremento più significativo, rispettivamente di più 48mila e più 428mila.